“Una novità importante degli ultimi mesi del conflitto fu l’impiego, soprattutto da parte dell’Inghilterra, dei primi carri armati, insieme al perfezionamento degli aerei, ora utilizzati anche per la caccia, oltre che per il bombardamento e la ricognizione. Dopo anni di enorme prevalenza della difesa, l’attacco diventava di nuovo dinamico. Non si sarebbe più andati all’assalto delle trincee nemiche solo con la fanteria, ma ormai anche coi carri e gli aerei”.(17) Nell’agosto del 1918, i soldati inglesi, francesi e le forze americane lanciano l’offensiva verso il Belgio con 400 carri armati e sbaragliano le divisioni tedesche. In settembre, a seguito del crollo delle sue linee arretrate, la Germania avvia le trattative per l’armistizio con l’Intesa, firmato poi l’11 novembre a Compiegne, in Piccardia. Il 24 ottobre, il Capo di Stato Maggiore Armando Diaz, subentrato a Luigi Cadorna, sferra l’attacco alle oramai traballanti truppe austro – ungariche, forzando il Piave e puntando su Vittorio Veneto. Ed è proprio la battaglia di Vittorio Veneto a segnare la rotta dell’esercito nemico: il 4 novembre, a Villa Giusti, nel padovano, viene siglato l’armistizio. La composizione allegorica di Beltrame è cristallina: sulle terre irredente sventola il tricolore italiano. La Prima Guerra Mondiale è finita.
NOTA
(17) Paolo Viola, Storia moderna e contemporanea, Vol. IV, Il Novecento, Giulio Einaudi Editore, Torino 2000, p. 30.