Sale a 373 il bilancio delle vittime, causate dal tremendo Tsunami che ieri ha sconvolto l’Indonesia, colpendo la punta meridionale di Sumatra e la costa occidentale di Giava. Secondo quanto riportato dalle autorità al numero dei morti, destinato purtroppo a salire, si aggiungono 1.500 feriti e 128 dispersi ufficiali. Gli sfollati, invece, sarebbero almeno 12mila.
Il disastro, che ha visto onde alte tre metri spazzar via case, resort, vite umane e intere famiglie, è stato provocato da una frana sottomarina dovuta a un’eruzione dell’Anak Krakatau, un’isola vulcanica emersa nel 1927, ‘figlia’ del vulcano Krakatoa. Le onde, più alte del solito a causa della luna piena, hanno colpito la spiaggia 24 minuti dopo il verificarsi dell’attività vulcanica.
Per far fronte all’emergenza sono scesi in campo poliziotti, militari e volontari della Croce Rossa, attivi fin dalle prime ore di bisogno.
La Croce Rossa Indonesiana si è subito attivata per fornire acqua e assistenza sanitaria e collaborare con le autorità governative per il servizio di recupero dei sopravvissuti.
Anche l’Unicef è scesa in campo «per accompagnare le autorità nel valutare l’impatto dell’ultimo tsunami sui bambini- ha dichiarato Andrea Icaomini, portavoce di Unicef Italia– per garantire che siano al centro della risposta nazionale e che ne siano garantiti i diritti».
Intanto, con un’allerta rossa attiva fino a mercoledì, dodicimila cittadini, residenti nelle zone costiere sono stati evacuati.
17mila isole sulla ‘Cintura di fuoco’
Non è la prima volta che l’Indonesia, formata da un arcipelago di 17mila isole, è tristemente protagonista di disastri ambientali e ciò è dovuto alla cosiddetta ‘Cintura di fuoco’ del Pacifico, una zona a forte attività sismica e vulcanica. Ciononostante, secondo il portavoce dell’agenzia per la gestione dei disastri, Sutopo Purwo Nugroho «il sistema d’allarme non è attivo dal 2012» a causa di scarsità di fondi e problemi tecnici.
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