La Rapamicina, un farmaco immunosoppressore utilizzato nei casi di trapianto d’organi, potrebbe essere molto efficace nella lotta al tumore al cervello. Attualmente, infatti, viene studiato proprio a causa delle sue proprietà antitumorali. A sostenerlo è un recente studio scientifico condotto dai ricercatori dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, con il quale è stato risolto il mistero sul suo meccanismo d’azione.
Secondo i ricercatori, dunque, ora non solo si potrebbe combattere il tumore al cervello, nello specifico il glioblastoma, tra i più aggressivi e comuni, ma anche indurre le cellule cancerose a tornare ‘normali’. Lo studio è stato anche pubblicato sulla rivista Oncotarget ed è solo l’ultimo di una costante ricerca iniziata anni fa sul caso. Gli effetti della Rapamicina, infatti, sono già noti: blocca la crescita delle cellule tumorali, purtroppo però, queste riescono a sviluppare una forte resistenza al farmaco.
La Rapamicina, nello specifico, agisce su un determinato complesso molecolare, chiamato mTOR. Questo complesso molecolare è in parte responsabile della crescita e della proliferazione cellulare e ne regola i tempi. Come ha spiegato Francesco Fornai, Responsabile dell’Unità di Neurobiologia e dei Disturbi del Movimento del Neuromed e Professore Ordinario di Anatomia dell’Università di Pisa: “Abbiamo visto come la somministrazione di Rapamicina, già a dosi molto basse, provochi una modifica delle cellule maligne. In termini molto semplificati, le cellule tumorali cominciano a sviluppare una morfologia simile a quella dei neuroni normali, con un corpo piramidale e lunghe ramificazioni. L’espressione di proteine considerate marcatori tumorali viene inoltre ridotta drasticamente e così avviene per la migrazione cellulare, che rappresenta un indice di invasività“.
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