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USA-Cina: lo spettro di una nuova guerra fredda

05/01/2013 09:00

Dopo anni di proficui rapporti economici e diplomatici, negli ultimi tempi il binomio Cina-USA vive momenti di tensione soprattutto a causa dell’ingerenza americana nelle dispute sulla sovranità marittima tra la Cina e i vicini Stati del Sud-Est asiatico riguardo al Mar Cinese meridionale.

Al di là delle retoriche di facciata, la realtà potrebbe essere letta in maniera molto semplice.  I politici americani sono preoccupati per il crescente peso economico e militare della Cina e temono che l’obiettivo finale della Red China sia quello di diventare la prima potenza al mondo a danno degli Stati Uniti stessi.  Dal canto suo Pechino osserva e prende atto dello spostamento del baricentro tattico in Asia e dell’intensificarsi dei rapporti USA con India e Vietnam, per concludere come questo gioco strategico altro non sia che una politica di accerchiamento a danno della potenza cinese. Se queste percezioni non saranno smentite, i rapporti tra Cina e USA sono destinati a peggiorare nel lungo periodo.

Le dispute marittime nel Mar Cinese Meridionale e Orientale sono i principali motivi di frizione tra i due giganti. Cina, Vietnam, Malaysia, Filippine e Taiwan hanno sempre rivendicato diritti su questo specchio d’acqua con Pechino che mira al possesso di una zona pari a tre quarti dell’area totale. Gli USA sospettano che la rivendicazione di un’area così estesa sia un primo passo per trasformare in acque territoriali le acque internazionali del Mar Cinese Meridionale. Gli interessi non sarebbero irrilevanti. Secondo gli esperti quei fondali racchiuderebbero ampi giacimenti di gas e petrolio, senza considerare che le rotte commerciali più importanti nippo-coreane passano per detti spazi. Controllare il Mar Cinese del Sud significherebbe controllare anche l’economia degli stati limitrofi affermando un soffocante predominio.

Tensioni Usa Mar Cinese Meridionale

Gli interessi americani sono fin troppo evidenti e caratterizzati dal cambiamento della strategia geopolitico-militare dal Medio Oriente al Pacifico, con lo spostamento, entro il 2020, del 60% delle navi da guerra statunitensi nel teatro asiatico. Pechino a sua volta ha preventivamente bollato come “non gradita” qualsiasi ingerenza statunitense negli affari d’Oriente.

Eppure il binomio Cina-Usa non è messo a dura prova solo dalle controversie marittime. Anche le scelte di politica estera adottate in seno all’ONU non hanno contribuito a stemperare una situazione sempre più pericolosamente calda. Il veto imposto, infatti, da Pechino e Mosca rispetto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, che condannava le violenze in Siria, ha suscitato la reazione secca e sdegnata della Casa Bianca, molto “risentita” per il fallito tentativo di mediazione. Mentre era atteso il veto russo, dati gli storici rapporti di collaborazione che legano Russia e Siria sin dai tempi della guerra fredda, molto infastidita è apparsa la reazione statunitense al veto di Pechino. Tuttavia anche la Cina ha le sue buone ragioni a difesa di tale decisione. Da un lato la Cina è stata la principale partner commerciale di Damasco. Dall’altro i cinesi sospettano che il regime siriano non sia il bersaglio principale degli Stati Uniti. Al-Asad è il maggiore alleato dell’Iran, che a sua volta è il primo fornitore di petrolio della Cina. Il crollo dell’Iran rafforzerebbe la già predominante posizione degli Stati Uniti nel Golfo Persico, accrescendo il controllo di Washington su questa vitale fonte di approvvigionamento energetico della Cina.

In definitiva Pechino deve moderare il suo comportamento se non vuole entrare in urto con Washington. La prepotenza cinese dimostrata con riferimento alle isole dell’Asia orientale irrita gli USA e non solo. Tale atteggiamento ricorda quello della Germania imperiale tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX da cui scaturì la prima guerra mondiale.Le azioni americane, di contro, sono apparse ambigue e invadenti, nonostante la professata neutralità. La politica americana è troppo spesso malaccorta e provocatoria. Il fatto che sembra evidente è che Washington mostra una forte irritazione per l’ascesa della potenza cinese. Se Pechino deve modificare il suo atteggiamento, Washington deve cambiare decisamente rotta.