Questa sera, venerdì 20 settembre 2019, su Rai Tre andrà in onda Il colore nascosto delle cose, film del 2017 diretto dal regista Silvio Soldini, con protagonisti Valeria Golino e Adriano Giannini. Una pellicola che ha portato fortuna all’ex di Riccardo Scamarcio, la quale è stata candidata per il ruolo della non vedente Emma come miglior attrice ai David di Donatello e al Globo d’Oro. Da lì in poi due anni di duro lavoro per Valeria Golino, che ha recitato in Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, regia di Gabriele Salvatores (2018), Figlia mia, regia di Laura Bispuri (2018), I villeggianti (Les Estivants), regia di Valeria Bruni Tedeschi (2018), Portrait de la jeune fille en feu, regia di Céline Sciamma (2019), 5 è il numero perfetto, regia di Igort (2019), Adults in the Room, regia di Costa-Gavras (2019) e Tutto il mio folle amore, regia di Gabriele Salvatores (2019). Dietro la macchina da presa ha diretto invece Euforia, con protagonisti Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea, costretti a guardarsi dentro per ritrovarsi. Un film che ha dato a Valeria Golino l’opportunità di esprimere il rapporto che ha con il dolore, più distesamente con la malattia.
Valeria Golino malattia del padre: «Alcuni dialoghi tra me e lui sono entrati in ‘Miele’ ed ‘Euforia’!»
In un’intervista a Vanity Fair, rilasciata all’indomani dell’uscita di Euforia, Valeria Golino ha confidato che lo spunto del film viene dalla realtà: «Come tutte le volte in cui ti capita di romanzare una storia vera prendi uno spunto dalla realtà e poi lo trasformi fino a renderlo irriconoscibile». La pellicola narra di Matteo e Ettore, due fratelli estremamente diversi: il primo è un imprenditore carismatico e omosessuale, il secondo è un uomo tranquillo che vive in una piccola città di provincia. Soltanto la scoperta della malattia di Ettore porterà i due ad avvicinarsi, capirsi. La storia vera è questa qui: «Un mio caro amico ha ricevuto la notizia che suo fratello, un fratello diversissimo da lui, stava molto male. Lo ha fatto venire a Roma per occuparsi in prima persona di questa cosa, ma senza dirgli che aveva il cancro. Un giorno mi ha raccontato che era entrato in una profumeria con le medicine fornite dall’oncologo e per confondere il fratello aveva comprato un grande barattolo di crema per il viso, lo aveva svuotato e ci aveva riversato le pillole dentro. Mi è parso che quest’atto forse sbagliato, sicuramente incongruo e al tempo stesso fantasioso, contenesse una tale pietà e una tale bellezza da meritare una riflessione», come raccontato dalla stessa Valeria Golino.
«Un tempo il tumore portava con sé un senso di vergogna sociale e una metafora terribile!»
La volontà quindi della regista di focalizzare l’attenzione su un male irreversibile: «Come ha spiegato bene Susan Sontag, un tempo il tumore portava con sé un senso di vergogna sociale e una metafora terribile legata all’idea che in fondo fossi tu stesso, tra infelicità, inadeguatezza e senso del fallimento, a provocarlo, a scatenarlo, a farlo galoppare. Oggi è diverso, il punto di vista è cambiato», ha ammesso la Golino, che ha dovuto fare i conti con la malattia del papà: «Mio padre è stato male, ha avuto un tumore e poi, in un anno, se ne è andato. Alcune conversazioni che ho avuto con lui, alcuni stralci, sono entrati sia in Miele che in Euforia».
«È rimasto tutto schermato… Mio padre usava un linguaggio molto divertente!»
Proprio sulla malattia del papà si è concentrata l’ultima parte dell’intervista: «Per quanto possibile, mio padre ha provato a restare lo stesso uomo di prima. Per vicinanza e sentimento, avrei amato avere con lui un dialogo serrato sulle sue sensazioni, sulle reazioni che la malattia gli provocava, su cosa gli stava succedendo e su come mi sentivo anch’io nell’impotenza e nel dolore. Non è accaduto. È rimasto tutto schermato!» – ha spiegato l’attrice – «Tutto in ombra. Papà non ha mai avuto un’attitudine testamentaria ed era molto ironico. Gli chiedevo: “Ma tu sei credente?”, e lui, sul divano, già acciaccatissimo, rispondeva quieto: “Be’, piccolina, a questa domanda si può rispondere in varie maniere, ma dipende”. “E da cosa dipende?”. “Dalle circostanze e dall’interlocutore”. Usava un linguaggio molto divertente, mio padre».
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