Una «valanga chimica» così Vasco Rossi aveva descritto il «cocktail di farmaci» che ogni giorno è costretto a prendere a causa di una malattia silente che lo stringe come in una morsa da diversi anni: la depressione. Su Facebook, che lui definisce il suo «bar», punto di incontro con cui comunicare con i fan, il Blasco aveva postato tempo fa una cura che porta avanti ancora oggi: «1 antidepressivo al dì, l’Effexor 0,75 mg, (è il dosaggio minimo, esiste anche da 150 e da 300mg) , 1 ansiolitico al bisogno, lo Xanax (che ha effetti collaterali molto inferiori a farmaci come il Tavor o il Minias che mi risulta essere usato dalla stragrande maggioranza della popolazione), 1 complesso vitaminico studiato appositamente per me dopo precisi esami che faccio presso una clinica x la salute, nella quale trascorro una settimana ogni anno e che frequento da vent’anni. Tutto qua!».
Ed è lui stesso a chiarire le origini di questa depressione: «È esplosa nel 2001, dopo la morte improvvisa di Massimo Riva seguita da quella del più caro mio amico d’infanzia Mario Giusti, il quale, dopo un periodo di tossicodipendenza da eroina durato 4 anni dal 1982 al ‘86, dopo due anni di comunità, era uscito completamente trasformato e maturato. Aveva smesso da dodici anni di farsi ed era ritornato ad una vita normale. Lavorava e viveva serenamente quando all’improvviso si è sentito male in settembre (epatite c) e a gennaio è morto! Questo ha scatenato in me una rabbia e una disperazione tale per una così ingiusta e crudele fine che, aggiunta alla sensazione di essere un sopravvissuto, di avere raggiunto ogni meta e realizzato ogni sogno al di là di qualsiasi immaginazione, mi ha gettato in uno stato di tristezza e una malinconia tali per cui mi sembrava niente avesse più importanza!». Parole che testimoniano la profondità d’animo del rocker di Zocca, il suo intenso attaccamento agli affetti, la fiducia cieca nell’amicizia. E più volte Vasco Rossi ha pensato anche di togliersi la vita, tanto era grande la sua disperazione. A dargli forza la compagna, ma anche i numerosi fan, che lo venerano come fosse una divinità.
Nel 2012 il Blasco ha avuto anche un altro grave problema di salute: un batterio killer gli aggredì il miocardio. Tutti rimasero col fiato sospeso in attesa che il cantante fosse fuori pericolo e uscisse dall’ospedale. «La chiamano “malattia del terzo millennio”: l’11 settembre dello scorso anno ho avuto la terza ricaduta, ho dovuto fermarmi, è stata pesantissima ma ora tutto è superato. Sono stato di nuovo in terapia intensiva, attaccato alle flebo, ho perso conoscenza per tre giorni, poi venti giorni di cure e la riabilitazione. Questo streptococco vive normalmente sulla pelle ma quando trova una ferita o un’infiammazione entra in circolo e, se ti trova con le difese immunitarie basse, comincia a distruggere tutto sino a farti fuori, in un mese. È la stessa cosa che nell’800 ha ucciso Johnny Walker, quello del whisky: si potrebbe dire di tutto e invece, guarda un po’, a me e a Johnny Walker ci unisce solo lo streptococco. Lui però è morto, io sono ancora qua: ora per fortuna ci sono gli antibiotici!», raccontò all’epoca del ricovero Vasco Rossi, che oggi si sente un uomo nuovo. «Mi sembra di cogliere un aspetto in più in tutte le cose, che per la verità in alcuni casi non mi fa neanche piacere coglierlo, ma in molti altri mi dà gioia, cose semplicissime, come incontrare i fan!».
Vasco Rossi ha ancora molto da dire, professionalmente parlando si sente carico, particolarmente ispirato. Su Facebook ha lasciato una dichiarazione che ha rallegrato tutti i suoi fan: «Tornerò in tour nel 2019, faremo altre città rimaste fuori da questo giro, come Milano. E poi ci saranno canzoni nuove. Stanno arrivando. Prima dei concerti dell’anno prossimo ci sarà una canzone molto filosofica, con una sensibilità femminile!».