Il bilancio è ancora provvisorio ma già pesantissimo. Figurano, e la stima non è ancora definitiva, 55 morti e 120 feriti nel bollettino di guerra che arriva dal carcere di Uribana, nord del Venezuela, dove all’alba di ieri è andata in scena la rivolta dei detenuti, per certi versi ancora avvolta dal mistero.
A causare la strage sarebbe stato il tentativo, operato dalla Guardia Nazionale e dall’Esercito venezuelano, di penetrare all’interno dell’Istituto Penitenziario per disarmare i detenuti. Lo scontro tra guardie e carcerati sarebbe stato durissimo. I detenuti avrebbero utilizzato anche armi, non si sa se sottratte ai militari o già presenti nella struttura.
Testimoni avrebbero udito diversi colpi sparati nel carcere ed esplosioni varie. La battaglia, cruenta,sarebbe andata avanti per ore. Tra le vittime ci sarebbero anche un poliziotto, due pastori evangelici e due “pran”, i boss riconosciuti all’interno delle prigioni di stato. Gli stessi boss ai quali sarebbero garantiti, nonostante il regime di reclusione, cellulari di ultima generazione, armi, prostitute.
Non è un mistero, d’altronde, che da anni si discuta sulla sicurezza delle carceri venezuelane, ritenute le più pericolose e turbolente al mondo. Strutture infernali tenute sotto scacco dagli stessi detenuti. Armi a go go e violenze all’ordine del giorno. Sempre ad Uribana sono tristemente noti i cosiddetti “Colisei”, gli scontri fratricidi tra detenuti che risolvono, con poche parole e molti grilletti premuti, conflitti di interesse interni per la supremazia sull’area.
Nel 2007, sempre lì, nell’inferno di Uribana, un’altra strage. Ancora una rivolta, i morti furono 17. Più di recente, a novembre, fu ucciso un dipendente di un’azienda che lavorava nell’istituto. Le Autorità cercano, intanto, di fare chiarezza sull’accaduto. Secondo il Ministro Varela il fattore scatenante la rivolta sarebbe stato proprio il tentativo del Governo di disarmare i detenuti.
Nelle intenzioni doveva essere un blitz che, invece, è stato anticipato da una tv ed un sito internet. “ La decisione di rendere nota la perquisizione – ha detto il Ministro – ha scatenato di fatto la reazione dei detenuti”, che avrebbero così avuto il tempo di barricarsi all’interno del carcere e preparare la difesa. Di lì la guerriglia. Durata ore . Con morti e feriti a terra.