Patrick George Zaky, lo studente egiziano che stava svolgendo un master all’Università di Bologna, è ancora rinchiuso in un carcere egiziano. Arrestato lo scorso 8 febbraio dopo atterrato all’aeroporto de Il Cairo con l’accusa di aver tentato di rovesciare il regime, secondo un giornale nazionale le motivazioni sono ben diverse. La vera causa potrebbe essere la sua omosessualità, e il sostegno alla comunità Lgbtq+.
Patrick Zaky, arrestato perché gay
A riportare la notizia è Akhbar Elyom, il giornale ufficiale dello stato egiziano. Secondo quanto pubblicato oggi, un sito identificato con “Gay News” avrebbe descritto Patrick come un ricercatore sui diritti omosessuali. Per il giornale nazionale questo basterebbe a costituire “uno shock che metterebbe a tacere chi difende il ragazzo e lo descrive come una vittima”. Nell’articolo si conferma l’ipotesi per cui lo studente egiziano, che frequenta il master in Gender Studies a Bologna, potrebbe essere stato arrestato per il suo sostegno alle comunità Lgbtq+. Da alcuni giorni i media egiziani sostengono questa idea, accusando Patrick di portare perversione e caos proprio per il suo appoggio all’omosessualità.
Patrick Zaky, un altro studente simbolo delle restrizioni egiziane
Patrick Zaky era tornato in Egitto per una vacanza regalata dalla sua famiglia. Giunto all’aeroporto del Cairo è stato immediatamente fermato con varie accuse. E’ stato ammanettato e torturato per 17 ore con colpi allo stomaco, alla schiena e con scariche elettriche. Accusato di terrorismo e di aver tentato di rovesciare il regime per via di alcuni post pubblicati sulla sua pagina Facebook e per il suo attivismo verso le comunità Lgbtq+, oggi è ancora trattenuto in una cella con altre 35 persone. “Mi hanno tenuto bendato per 12 ore, picchiato in viso. Mi hanno torturato con l’elettroshock. Mi hanno fatto spogliare e chiesto di alcuni miei post su Facebook e della mia Ong, ma io non ho fatto niente”, ha detto durante l’udienza di sabato a Mansura che ha confermato la sua permanenza in cella.
Studente di questioni di genere, Zaky si occupa di ricerca sociale e lo fa in modo partigiano, prendendo posizione anche pubblicamente a difesa delle minoranze oppresse in Egitto. Questo è il vero motivo per cui il regime di al-Sisi lo considera un pericolo. La sua storia ricorda terribilmente quella di Giulio Regeni, il ricercatore italiano che stava lavorando a una tesi sulle associazioni sindacali locali. Giulio è stato sequestrato, torturato, ucciso e il suo corpo è stato ritrovato il 3 febbraio del 2016 nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. Anche in quel caso, si suppose che avesse dei legami con il movimento sindacale che si opponeva al governo del generale al-Sisi. Questi, tuttavia, non sono mai stati dimostrati e ancora oggi si chiede verità per Giulio Regeni. La comunità internazionale ha il dovere di evitare che la sua condanna si ripeta con il nome di Patrick Zaky.