Mentre l’allarme coronavirus in Italia diventa sempre più rosso, cresce anche lo scontro politico sulle misure di prevenzione adottate dal governo. Era scontato che Matteo Salvini rivendicasse le sue proposte di chiusura dei porti e dei confini anche in questa occasione, tentando di cavalcare l’onda della paura del contagio, in fondo è il suo cavallo di battaglia quello. E infatti così è successo. Peccato che il coronavirus non sia arrivato dai barconi.
https://www.facebook.com/salviniofficial/posts/10157419125098155
Coronavirus, Matteo Salvini: “Per qualche genio al governo il problema eravamo noi”
Così oggi Matteo Salvini ha pubblicato sui suoi profili: “Superati i 100 contagiati in Italia. Ma per qualche genio al governo fino a pochi giorni fa il problema erano Salvini e la Lega, oliatori e razzisti, che lanciavano allarmi senza motivo… Vergogna. Chiudere, difendere, controllare, proteggere. Prima che il disastro sia totale.” Insomma, più che constatare l’esistenza di un virus che ancora nessuno nel mondo ha capito come contenere, sembra che il problema sia proprio il governo italiano. O il trattato di Schengen, che per la Lega dovrebbe essere sospeso immediatamente visto che lo riconosce come una delle cause dell’arrivo in Italia del virus. Probabilmente se l’esecutivo avesse imposto la chiusura dei porti… La situazione sarebbe la stessa. Nel continente africano finora è stato registrato un solo caso, in Egitto. Quindi non si può certamente dire che il contagio arrivi da lì, il principale punto di partenza dell’immigrazione verso l’Italia. E quindi, ancora una volta, quella di Salvini è mera propaganda.
“Se Conte non è in grado di garantire la salute pubblica di chi vive e lavora in questo splendido Paese, si faccia da parte e lasci lavorare chi lo sa fare”, dichiara senza giri di parole il leader della Lega. L’invito di Salvini, infatti, è quello di “blindare e sigillare i confini”, anche per quanto riguarda gli sbarchi via mare. “Dio non voglia ma ne basterebbe uno…poi con chi se la prendono i fenomeni della sinistra?”, si chiede ironizzando su un tema che può essere analizzato in tanti modi, ma sicuramente non in quello. Ma questa volta il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non ci sta: “Serve unità, è facile cavalcare slogan e strumentalizzare ogni cosa”, replica chiudendo il discorso.
Coronavirus, perché si è diffuso così velocemente nel Nord Italia
Ieri Giuseppe Conte e Roberto Speranza hanno rivendicato di aver messo fin da subito in campo tutti gli strumenti “più rigidi al mondo” pur di fronteggiare la diffusione del coronavirus. Eppure in Italia è arrivato, come tutti ci aspettavamo, e ancora non è chiaro come abbia fatto. O chi l’abbia portato. Questo crea la sensazione che il Paese potrebbe essere più esposto di quanto non sia emerso fino adesso. Certo è che con la globalizzazione era molto difficile, o quasi impensabile, credere che questo momento non sarebbe mai arrivato. Il ritardo rispetto ad altri Paesi del mondo ha concesso alla scienza un po’ di tempo in più per tentare di capire come curarlo, e ad oggi il numero di chi è guarito si sta notevolmente alzando. Per questo non dobbiamo farci prendere dal panico: essere contagiati non equivale a una condanna a morte.
Nessuno ancora è in grado di spiegare come l’Italia sia diventata il palcoscenico di questa ondata di contagi improvvisi. E’ vero però che un aumento dei controlli aiuta a trovare i risultati che si stanno cercando. Inizialmente, infatti, pare esserci stata una “non conoscenza dei sanitari che non sono stati in grado di riconoscere immediatamente i sintomi del virus“, ha spiegato il commissario d’emergenza Angelo Borrelli. Non si è pensato al coronavirus perché in Italia non erano mai stati segnalati casi certi, per questo poi i numeri sono cresciuti così velocemente. In appena un paio di giorni si possono contare più di 130 contagiati, di cui oltre 90 solamente in Lombardia e 25 in Veneto. I dati, però, sono destinati a crescere e non si può dire quanto velocemente succederà. Sabato mattina l’Italia si è svegliata con l’incubo della prima vittima di coronavirus, la prima a farci realizzare che il virus è aggressivo e imprevedibile.