Nella difficile gestione dell’emergenza Coronavirus in Italia gli infermieri, come tutto il personale medico e paramedico, hanno un ruolo di fondamentale importanza. Tutta la categoria dei lavoratori della sanità sta dando dimostrazione di impegno, dedizione ed amore per il suo lavoro. Ma in diversi casi, e non solo nelle strutture sanitarie delle zone dei focolai, la situazione è molto difficile. Sono in particolare gli infermieri e i paramedici, la “prima linea” e colonna portante della nostra sanità, a denunciare le difficili condizioni in cui sono costretti a svolgere il proprio lavoro in questi giorni.
Coronavirus: “C’è qualcuno per cui la sicurezza è diventato un optional”
“Siamo lavoratori di serie B”, confessa al telefono un infermiere di un grande ospedale del nord. E questo è diventato lampante in questi giorni, perché siamo in piena emergenza per il Coronavirus. Da sempre però, in alcuni ospedali e strutture sanitarie, da nord a sud, mancano le condizioni per lavorare in sicurezza. Nelle ultime ore, dallo sconforto si è passati alla protesta. In uno dei più grandi e organizzati ospedali dell’Emilia-Romagna, abbiamo raccolto lo sfogo di alcuni infermieri. “Quando è chiaro che dovremmo aumentarne il livello per via del dilagare dei contagi da Coronavirus, c’è qualcuno per cui la sicurezza è diventato un optional. Siamo costretti a lavorare in condizioni di pericolo, privi dei dispositivi di protezione individuale”. Senza mascherine, prima di tutto. La prima e più semplice barriera per limitare la possibilità di contagio.
E agli “esperti” che in Tv sostengono l’inutilità dell’impiego della mascherina per i non contagiati, dicono: “Alle strutture sanitarie si rivolgono in questi giorni centinaia di persone in più, giustamente preoccupate perché patiscono sintomi influenzali. Fino ad una diagnosi certa da parte di un medico, a seguito degli esiti dell’ormai noto test del tampone, noi non possiamo escludere la possibilità di essere in presenza di un contagiato dal Covid-19. Chiediamo che la regione mantenga le promesse fatte ai sindacati, garantendo la sicurezza di chi lavora in prima linea nella sanità definita come ‘modello’ a livello nazionale”.
Che fine farebbe la ‘migliore sanità d’Italia’ se il Coronavirus dilagasse tra il personale infermieristico e medico?
Parole preoccupate più che dure. Un altro gruppo di infermieri emiliano-romagnoli, raggiunti da UrbanPost, ha dichiarato: “Siamo nella condizione di fare prelievi, tamponi, raccolta di campioni che verranno portati (da personale dotato di tutti i dispositivi di sicurezza) ad esaminare in laboratorio unico (dotati anche qui di ogni dispositivo). ‘Non c’è alcuna necessità per voi’ di avere dispositivi di sicurezza, è la risposta che ci è stata data. Siamo carne da macello”, confessano sconsolati. Molti di loro sono sul piede di guerra, perché si tratta di una situazione inaccettabile e che, in caso di ulteriore dilagare dell’epidemia, potrebbe mettere a dura prova l’intero sistema sanitario. Che fine farebbe la ‘migliore sanità d’Italia’, uno dei vanti emiliano-romagnoli, se dilagasse l’epidemia da Coronavirus tra il personale infermieristico e medico? Ora ci si sta muovendo, anche a livello di associazioni di categoria. Anche in Lombardia monta la protesta: qui sono addirittura i medici a denunciare l’assenza di dispositivi di sicurezza adeguati alla situazione di emergenza. Perché mancano le mascherine? Il governo tramite la Protezione Civile non ha emesso un decreto di sequestro per requisirle? Vi terremo informati su questa delicatissima vicenda. (foto di repertorio) >> Tutte le notizie sul Coronavirus