Se si rispettano le regole, l’isolamento funziona. A Codogno i casi di coronavirus sono notevolmente diminuiti. Non si può ancora parlare di zero, ma il calo della percentuale dimostra che la quarantena serve a contenere il contagio. “La zona rossa ha creato una forte identità, un rigore che ci ha responsabilizzato. I codognesi sono più convergenti che divergenti, e tutti hanno rispettato le regole”, ha infatti spiegato lo psicologo Edoardo Savoldi.
Coronavirus, Codogno si sta liberando
“Ieri a Codogno sono stati censiti 9 contagi, ma sono analisi vecchie. E il giorno prima lo zero era determinato dal fatto che erano arrivati i dati di pochi tamponi”, comunica l’assessore regionale alla Protezione civile Pietro Foroni. Non si può dire che Codogno abbia debellato il virus, ma il calo è notevole: 5% dei contagi contro il 27% della Lombardia. Questo perché i codognesi hanno rispettato le regole, tutti insieme. “Entrare nell’occhio del ciclone, essere il focolaio di tutta Italia ha unito la gente, ha aumentato la comunicazione e la partecipazione al destino degli altri”, spiega Antonello Risoli, preside dell’agrario Itas Tosi. Proprio in quella scuola, tra l’altro, il virus ha sfondato le porte del convitto (dove risiedono 100 studenti) contagiando 10 ragazzi tra i 16 e i 18 anni, e 18 persone tra professori e addetti che ora si trovano in quarantena.
Il dottor Ciro Esposito Corona è il medico napoletano che ha accolto il cosiddetto “paziente uno” all’ospedale di Codogno. Poco dopo, il 22 febbraio, anche lui è stato ricoverato al Sacco di Milano, e da lì è uscito lo scorso lunedì, dopo 17, lunghi, giorni. “Ho due tamponi negativi e mi hanno lasciato uscire. Mattia è arrivato il 19, ma è stato il 20 che ci siamo accorti che c’era qualcosa di strano. Col senno di poi credo che anche certe polmoniti delle settimane precedenti finite con decessi siano da addebitare a quel virus. Al Sacco i primi giorni è stata dura, ero in ossigenoterapia, poi ci hanno spostato di reparto perché c’era una grande affluenza. Sono bravissimi, ho fatto i complimenti a tutti, lavorano senza soste”, spiega il dottore di Codogno.
Coronavirus, a Codogno l’aiuto è arrivato da tutta la comunità
Ciro Esposito Corona non è stato l’unico dottore contagiato. Come lui un’altra collega di Medicina, due anestesisti e un medico del pronto soccorso. Sembrava un tunnel infinito, ma Ciro oggi rappresenta la via d’uscita. “Certi giorni- spiega Imerio Lucini Paioni, del Comune di Codogno- al cimitero non sapevamo dove mettere i feretri, ne arrivavano anche sei in contemporanea”. Quelli che hanno dovuto passare i cittadini di Codogno sono stati giorni di paura, malattie e lutti. Per fortuna la comunità, però, ha saputo aiutarsi: ad alleggerire il clima ci ha pensato Radio Codogno tramite le messe online, “partivo dal Vangelo e parlavo della realtà, invitando a non cedere al panico”, spiega il parroco Iginio Passerini. E poi ancora Radio Sange, le pagine di Facebook “Ridere del coronavirus”, “Psicologi in prima linea a Codogno”. Infine c’erano i volontari della protezione civile, che dopo aver fronteggiato l’emergenza si sono inventati un centro di produzione di disinfettante per le mani: varie ditte hanno fornito macchinari, sale e cloro, ogni giorno si producono 800 litri in confezioni da dieci, regalati a chi ne ha bisogno.