Finché i dati sul contagio e i decessi causati dal coronavirus saranno questi, non è possibile definire con certezza una data per la fine della quarantena. Non lo sa il capo della protezione civile Angelo Borrelli, non lo sa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e non lo sanno gli scienziati. Si possono supporre dei periodi, ma ancora, purtroppo, la fine del lockdown sembra lontana. E questo per un solo motivo: è necessario continuare a salvaguardare la salute pubblica.
Coronavirus, Borrelli non ci ha detto niente di nuovo
L’emergenza coronavirus è stata e continua a essere caratterizzata dal caos. Ogni giorno ci vengono forniti dei dati, dei numeri che fatichiamo a comprendere. E lo stesso vale per le informazioni. Quando Borrelli dichiara che il primo maggio saremo ancora a casa, però, non sta rivedendo le dichiarazioni del governo e l’isolamento forzato di tutti i cittadini fino al 13 aprile. Anzi, non sta dicendo assolutamente nulla di nuovo: nessuno ha detto che il 14 aprile potremo tornare spensierati alle nostre vite. Come se nulla fosse accaduto. Non lo fa nemmeno quando dice che la fase 2, quella di ripresa di alcune attività, forse potrà partire a metà maggio. Per questo la caccia alle streghe nei sui confronti è totalmente insensata.
Non ci ha fatto scoprire l’acqua calda. Al contrario, è stato anche abbastanza cauto nel dire che tutto dipenderà dai dati, se verranno effettuati tamponi a tappeto, se le indagini sierologiche e demoscopiche sulla rete di contagi lo permetteranno. Dipenderà dall’opinione degli esperti del comitato tecnico-scientifico. Lo stesso vale per l’ipotesi del 16 maggio come probabile data di inizio della fase 2: “Se l’andamento non cambia, potrebbe essere, come potrebbe essere prima o dopo, dipende dai dati”, ha detto.
Coronavirus, la fine del lockdown è una decisione politica
C’è un’altra cosa da ricordare: la fine del lockdown sarà una decisione politica. Come ha sottolineato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli in una conferenza stampa congiunta con l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, “le date per la proroga piuttosto che l’allentamento delle misure di distanziamento sociale spettano solo e unicamente al decisore politico e loro daranno le indicazioni. Sicuramente anche con un confronto con noi, all’intero Paese”. Questo forse non era molto chiaro ai più, ma anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’ultima conferenza stampa in cui ha dichiarato di aver firmato il prolungamento delle misure fino al 13 aprile lo aveva ribadito.
“I decisori politici devono assumersi le loro responsabilità. Non ho mai detto che seguiamo alla lettera le decisioni e le valutazioni del comitato tecnico-scientifico. Ho sempre detto che noi a base delle nostre valutazioni ovviamente poniamo quelle che sono le raccomandazioni, valutiamo le indicazioni degli esperti e degli scienziati”. “Il decisore politico, quando assume una decisione lo deve fare in scienza e coscienza, mettendo insieme e contemperando tutti gli interessi in gioco. C’è la possibilità che uno scienziato tenga da conto l’aspetto epidemiologico in esclusiva. Io devo tener conto anche di tutti gli altri interessi in gioco”. Più chiaro di cosi.
Coronavirus, basta chiedere chiarezza: nessuno sa quando torneremo alle nostre vite
E’ inutile quindi continuare a chiedere di fare chiarezza. I dati ancora risultato troppo alti per poter parlare di fase 2, figuriamoci di fase 3. Tante volte si senta dire che i numeri sono “positivi”, ma questo è perché ci siamo abituati, purtroppo, a numeri talmente strazianti che un minimo rallentamento sembra essere già una grande conquista. Ancora però parliamo di una media di 700, 800 morti al giorno. Non c’è nulla di positivo. Per questo dovremmo smetterla di chiederci quando potremo finalmente tornare alle nostre vite, ai nostri affetti, alla quotidianità. Non lo sappiamo. L’unica cosa di cui siamo a conoscenza ora è che dobbiamo continuare a rimare a casa. E’ la strategia che ha dato dimostrazione di funzionare.