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Coronavirus 105 medici morti, strage senza fine: «Noi in guerra con le scarpe di cartone»

10/04/2020 11:14 - Aggiornamento 10/04/2020 11:17

10 aprile 2020 – Coronavirus medici morti, il bilancio sale. Non è possibile avere 105 vittime tra i camici bianchi. Esistono i dispositivi di sicurezza individuali che consentono di schermarsi dal Covid-19 o, perlomeno, capaci di ridurre il rischio contagio degli operatori sanitari. Se non sono state applicati è una strage sul lavoro, il governo dovrà risponderne. Perché medici e infermieri non sono carne da macello. Troppo facile ‘sbrodolarsi’ davanti alla lucina rossa accesa di una telecamera, definendoli angeli ed eroi del nostro tempo, bisogna metterli nelle condizioni di poter lavorare in tranquillità. L’ultima croce piantata nel cimitero virtuale allestito sul suo sito dalla Federazione dell’ordine dei medici è quella di Emilio Brignole, 68 anni, che faceva il chirurgo al pronto soccorso di Villa Scassi a Genova. Era risultato positivo al Coronavirus lo scorso marzo, le sue condizioni di salute sembravano in miglioramento grazie alla terapia intensiva, invece non ce l’ha fatta. Anche il suo nome finisce nella lista dei morti sul campo. Oggi viene ricordato pure per l’impegno con cui aveva prestato soccorso ai feriti nel crollo del Ponte Morandi.

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Coronavirus 105 medici morti, strage senza fine: «Noi in guerra con le scarpe di cartone»

Purtroppo Emilio Brignole non è la sola vittima di ieri, ha smesso di battere anche il cuore di Ivano Garzena, odontoiatra torinese di soli 49 anni, che è anche il primo dentista morto per Coronavirus in Italia. Si è spenta anche Samar Sinjab, 62 anni, dottoressa che faceva il medico di famiglia in Veneto. Nonostante fosse esposta maggiormente al rischio per problemi suoi di salute, ha continuato ad esercitare la professione.

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Medici di base carne da macello: i dati della Federazione

Secondo i dati forniti dalla Federazione sono proprio i medici di famiglia ad essere stati bersaglio prediletto del Coronavirus: parliamo di 43 dottori, più un pediatra; e ancora 21 specialisti che lavoravano negli ospedali, 9 impiegati sul territorio, 9 odontoiatri e 22 pensionati. Già anche loro, perché quella del medico è una missione. Non è un semplice camice, molto di più. Lo indossi la prima volta e ti resta addosso, come fosse la tua stessa pelle. Lo sapeva bene Adelina Alvino De Martino, che era stata primario di cardiologia a Savigliano (Cuneo), morta a 94 anni. Si era messa a disposizione per dare il suo piccolo grande contributo. Ma il Covid-19, che non guarda in faccia niente e nessuno, se l’è portata via. Dove si registra però il maggior numero di decessi tra i camici bianchi è in Lombardia, focolaio dell’epidemia di Wuhan. Sono perlopiù medici di famiglia.

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Coronavirus, medici morti in Lombardia: «Eravamo a mani nude, senza mascherina»

«Già alla fine di febbraio dicevamo che eravamo a mani nude, la Regione ci dava giusto qualche mascherina. Abbiamo denunciato decine di volte questo problema»,  così Roberto Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano, ha scritto in una dura lettera alla Regione. «Non ci lamentavamo perché eravamo rompiscatole ma perché ai medici di famiglia non arrivavano materiali. Anzi, occhialini, guanti e camici monouso non sono praticamente mai arrivati. Le mascherine ce le ha messe a disposizione qualche buon samaritano, come il Comune di Milano e alcuni privati. Se era per la Regione ce ne toccavano 20, più due flaconi di disinfettante e una confezione di guanti». Una lotta estenuante: «I medici del territorio sono andati in guerra con le scarpe di cartone. Negli ospedali la situazione è stata diversa. Certo, sono stati più a rischio nei reparti non Covid, dove non avevano le protezioni». Si piangono oggi camici bianchi da Nord a Sud, una strage senza fine.

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