Col Coronavirus si è fatta sempre più largo l’opzione del lavoro da casa. Più facile a dirsi, che a farsi. Lo «smart working», il cosiddetto ‘lavoro intelligente’, non è per tutti, o perlomeno, non è accessibile a chiunque. Ci sono impieghi che da casa non possono essere svolti: stiamo parlando degli spazzini, dei facchini, degli addetti alle pulizie. E non solo. Una buona fetta di lavoratori che non può fare il suo attraverso lo schermo di un computer, ma deve recarsi necessariamente sul posto. Per molti con l’avvio della fase 2, e la conseguente riapertura di varie attività, sono cominciati i problemi. Andare a lavorare è diventata un’impresa, un’Odissea per i pendolari.
Fase 2, smart working non è per tutti, a Roma in fila già all’alba: «Se non prendo la prima corsa, faccio tardi»
Secondo quanto riportato da ‘Fanpage’, tra l’altro, a Roma sono decine di migliaia i lavoratori che hanno continuato a recarsi in loco durante il lockdown; un numero lievitato notevolmente a partire dal 4 maggio. Si tratta di impiegati nel commercio, ma anche badanti e cameriere, che si muovono la mattina presto, quando è ancora buio. Arrivano dai quartieri più periferici della capitale, quelli collegati poco o comunque male. Prima di arrivare a prendere la metropolitana o un altro mezzo per arrivare sul posto di lavoro spesso sono già saliti su un altro bus notturno oppure si sono fatti dare un passaggio o ancora hanno percorso una parte del tragitto in macchina. Ed ecco che la notte si fa piccola, «troppo piccola». Ma non sono canzonette: un’ora di viaggio diventa almeno il doppio, con l’ansia poi di essere contagiati sui mezzi pubblici. Tutto nel rispetto del distanziamento sociale, dell’uso di mascherine e altri dispositivi anti Covid-19. Per molti, infatti, un’alternativa all’autobus e alla metro non c’è: muoversi coi propri mezzi sarebbe troppo costoso. Come pure in certe zone di Roma è impensabile arrivare in bici o monopattino.
L’Odissea dei pendolari: «Io scendo alle quattro e mezzo ogni mattina con il pullman, poi mi metto in fila…»
Valerio Renzi di ‘Fanpage’ riferisce così della quotidianità di alcuni pendolari, resi ancora più sfiancati dalla fase 2. Alle 5.00 del mattino, fuori la stazione di Rebibbia, capolinea della metro B alla periferia Nord-Est della capitale, ci sono già un centinaio di persone in fila. Sperano di poter prendere la prima corsa. «Alle 5.00 devi stare qua, altrimenti perdi anche la secondo metro. Se non salgo subito arrivo tardi a lavoro e non posso permettermi di arrivare tardi a lavoro», dice un’addetta alle pulizie. Ma c’è chi arriva prima ancora. Perché se è vero che il governo «non lavora col favore delle tenebre» è altrettanto giusto dire che ci sono tanti italiani che sono costretti ad alzarsi prima dell’alba, quando ancora è buio. «Io scendo alle quattro e mezzo ogni mattina con il pullman, poi mi metto in fila e aspetto il mio turno. Non riesco mai a prendere la prima corsa, devo aspettare la seconda o la terza e spesso attaccando alle sei faccio tardi», racconta un’altra signora.
Fase 2 smart working: pensare ad una politica virtuosa a favore di tutti, nessuno escluso
Molti dei lavoratori, e soprattutto delle lavoratrici in fila, vengono dal vicino quartiere di San Basilio. «Ce la facciamo a piedi da San Basilio a qua per fare in tempo, perché a quell’ora non ci stanno autobus, e speriamo che quando arriviamo non ci sta già troppa gente in fila altrimenti ci tocca aspettare», dice un’altra impiegata. Si muovono a blocchi le persone, in maniera ordinata. Ognuno spera di muoversi avanti tempo, di anticipare l’altro. E da lunedì 18 maggio, con la ripresa di molte attività commerciali e del terziario, non è difficile pronosticare che le cose non potranno che peggiorare. Ed è per questo che, laddove è possibile, si dovrebbe prendere sul serio l’ipotesi dello «smart working». Non tanto per permettere al governo di ‘riempirsi la bocca di belle parole’, quanto piuttosto per rendere sopportabile la vita dei lavoratori. Del resto questo dovrebbe fare lo Stato: una politica virtuosa a favore dei cittadini. Tutti, nessuno escluso. Il condizionale però resta d’obbligo. leggi anche l’articolo —> Decreto Rilancio, tutti i “nodi” ancora da sciogliere: Irap, turismo, regolarizzazione migranti