L’accordo firmato ieri mattina dall’Unione europea sui Recovery Fund è stato definito una vera e propria vittoria per l’Italia, ma in realtà solleva anche parecchi dubbi. Rimane pur sempre un compromesso, e di fatto tutti i Paesi membri hanno tentato di tirare acqua al proprio mulino. Nonostante questo, lo si può sicuramente definire storico se lo si analizza da un punto di vista più globale: l’Europa ha scelto di indebitarsi, tutta insieme, per sostenere i Paesi più in difficoltà. E da questo punto di vista sì che è una novità. Ma anche lo scontro e il pungo duro del Premier Conte hanno avuto la loro importanza. Vediamo ora come l’Italia ha intenzione di spendere i 209 miliardi che, in teoria, le arriveranno a partire dal 1 gennaio 2021.
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Recovery Fund, cosa prevede e quali sono le tappe future
Il Recovery Fund è un pacchetto di risorse europee studiato e strutturato per mitigare gli effetti dell’emergenza coronavirus. Si tratta, in totale, di 750 miliardi di euro stanziati. Di questi, 390 sono a fondo perduto (312,5 direttamente ai Paesi membri) e 360 invece sono in prestiti. Si sommano poi ai 100 miliardi di euro stanziati per il sostegno all’occupazione della Sure, ai 200 messi sul banco dalla Bei e, eventualmente, anche ai 240 miliardi del MES. Inoltre, anche la BCE ha già messo sul piatto circa 1350 miliardi di euro per gli acquisti di debito durante la pandemia. Di fronte a tutto questo, non rimane ai Paesi europei che presentare il piano di rilancio delle economie di ogni singolo stato, così che la Commissione europea possa valutarlo nei prossimi due mesi.
La parola, infatti, poi tornerà al Consiglio Ue che, al contrario di quanto ci si aspettava e di quanto richiesto dall’Olanda, non avrà veto sui piani nazionali di rilancio. Infine, l’ultimo step avverrà in sede di Parlamento Ue, dove dovrà essere approvato il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027. A esso è collegato anche il Recovery Fund, e un eventuale ritardo nell’approvazione rischia di rallentare anche il via libera allo stanziamento dei fondi, perché solo con l’entrata in vigore del nuovo bilancio inizierà il pagamento delle prime tranche di fondi.
Recovery Fund, cosa spetta all’Italia
All’Italia andranno circa 209 miliardi, tra prestiti e soldi a fondo perduto. Ora quindi è il momento di correre, di far vedere che si ha davvero intenzione di ripartire. Le priorità saranno l’ambiente, la digitalizzazione, la riduzione del precariato e la sburocratizzazione della Pubblica amministrazione. Tutti argomenti che il Premier Conte ha sempre ribadito voler utilizzare come trampolino di rilancio. “Dovremo guardare al futuro pensando a un Paese più moderno, mettere in campo strumenti che siano in grado di dare un reale sostegno ai cittadini. Non c’è tempo da perdere, adesso agiamo con concretezza”, ha commentato infatti il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Sebbene i soldi dovrebbero arrivare a partire da gennaio 2021, il governo punta a incassare subito 20 miliardi di euro. Nell’accordo, infatti, l’Italia è riuscita a ottenere delle clausole che le permetterebbero di utilizzare da subito il 10% dei 209 miliardi che le spettano, la fetta più grande in Europa. Così il Paese riuscirebbe a ripagare le spese già effettuate durante l’emergenza: i soldi, infatti, dovrebbero essere utilizzati per finanziare la proroga della cassa integrazione e per compensare le mancate entrate fiscali che si sono verificate.
Il piano di rilancio dell’Italia
Il piano di riforme che Conte presenterà dovrebbe rispecchiare quanto già dichiarato a giugno durante gli Stati generali. Per il rilancio del Paese il governo dovrebbe focalizzarsi su sul piano studiato dalla task force di Vittorio Colao, “Progettiamo il Rilancio”, pensato proprio in linea con gli obiettivi indicati dall’Europa nel Next Generation Eu. In teoria, si punterà quindi sulla digitalizzazione del Paese, una questione su cui è tornato spesso il Premier Conte. Poi investimenti per rendere la rete di infrastrutture più sicure ed efficienti, un sostegno alle filiere produttive in modo da rendere più competitivo il Paese nel mercato unico e globale, e così da riuscire a uscire, finalmente, dalla stagnante condizione in cui l’Italia si trova dalla crisi del 2008.
Secondo la task force un altro punto focale è quello della ricerca e dell’innovazione, per avvicinare il mondo accademico a quello delle imprese. Poi ancora la questione della Pubblica amministrazione, che necessita ormai in modo improrogabile di una sburocratizzazione e di una trasformazione digitale. Ma anche la questione della riforma della giustizia rimane una priorità, in particolare per il Movimento 5 Stelle, così come quello di abbassare la pressione fiscale. Ora quindi è iniziato ufficialmente il conto alla rovescia. Vedremo se Conte è davvero la persona giusta per affrontare il post emergenza sanitaria.
Non è tutto oro ciò che luccica
Ma non è tutto oro ciò che luccica: se è vero che quello ottenuto da Conte si può considerare un “trionfo”, il Recovery Fund si accompagna anche di notevoli dubbi. Per esempio la questione del tempo. Il 70% dei fondi, infatti, verrà stanziato tra il 2021 e il 2022, mentre il restante 30% sarà distribuito nel 2023. Questo significa che l’Italia potrà usufruire, nei primi due anni, di 150 miliardi di euro, e poi di circa 59 miliardi nel terzo anno. La dilatazione nel tempo crea qualche sospetto che gli accordi possano modificarsi negli anni. Anche perché le erogazioni dipenderanno dalle riforme che il Paese metterà in atto, e che dovranno seguire le richieste e le raccomandazione della Commissione Ue. In particolare, rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica e sociale.
Quelle indicate per l’Italia comunque sono più o meno sempre le stesse: contrasto all’evasione fiscale, alla corruzione, al lavoro sommerso. Taglio delle agevolazioni fiscali, semplificazione di esse, razionalizzazione delle aliquote delle tasse, snellimento della giustizia, riforma del catasto. Insomma, dall’Italia si pretenderà ciò che, negli anni, è sempre stato richiesto. E che non ha mai eseguito fino a ora. >>Tutte le notizie di UrbanPost