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Grazie a De Luca ora il populismo ha invaso anche la sinistra italiana

26/10/2020 12:50

L’Italia va in frantumi. Dilaga il populismo e gli scontri fanno da sfondo a un governo incapace di gestire la seconda ondata di coronavirus. Se la prima volta siamo stati colpiti alle spalle da questo nuovo, violento, virus, oggi dovevamo essere in grado di combattere ad armi pari. Così non è stato, il popolo lo sa e per questo si ribella. Scende in strada, come è successo a Napoli, a Roma, a Catania. Come risponde la politica? Con il populismo. Il governatore De Luca ne è l’esempio più lampante: annuncia su Facebook, ancor prima di aver interpellato i suoi sindaci, l’intenzione di attuare un lockdown. E sceglie questo mezzo per dimostrare che prima di tutto viene il popolo. In realtà, non fa altro che palesare una totale confusione.

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marcia indietro di de luca

De Luca ha importato a sinistra il populismo

“Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?”, si chiedeva Gaber. Oggi è difficile dirlo. Soprattutto quando anche i governatori di sinistra abbracciano un modus operandi non tipico del loro schieramento. De Luca è diventato a tutti gli effetti uno sceriffo, e ora è ingabbiato nel suo personaggio. Si può dire che il Covid lo abbia fatto rinascere: prima dell’emergenza, sembrava che la sua carriera fosse giunta al termine. Il suo prendere le parti del popolo, anche a costo di andare contro il governo centrale, il suo voler difendere “con il lanciafiamme” i cittadini dal nuovo virus, gli ha dato una nuova vita. Nuova, sì, ma piena di populismo. D’altronde, l’emergenza sanitaria ha dimostrato quanto provvisorie siano le teorie e i risultati scientifici, così come lo sono le opinioni dei cittadini. E questo crea un terreno fertile per quelle condizioni di cui il populismo si nutre.

L’incertezza e la provvisorietà delle coscienze è l’unica sicurezza che abbiamo. Ce lo hanno dimostrato i virologi trasformati in uomini di spettacolo, i politici che cambiano direzione continuamente. In uno scenario così, chi si impone di più vince. Presentarsi come un leader del popolo, un difensore della libertà e un lottatore contro i governi manipolati da ipotetiche teorie (oggi, secondo De Luca) non sufficientemente autoritarie, è una delle trasformazioni della retorica populista, che può incontrare simpatie in società che nel frattempo si sono impoverite a causa delle circostanze. Però quella che conquista è una battaglia, non la guerra intera.

De Luca si è battuto per il suo territorio, e all’inizio la cosa ha funzionato. Ha fatto anche sorridere, in un momento così buio, per i suoi toni molto lontani dal “politichese”. Si è dimostrato vicino e interessato ai suoi cittadini. Fino a che non ha dichiarato di voler istituire un lockdown regionale.

bambino al banco De Luca

Dal consenso allo scontro in un attimo

Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ciò che i cittadini non accettano è l’incompetenza della classe dirigente, il cambio di rotta continuo. Non possono essere solo ed esclusivamente loro a pagare. Un conto era la prima ondata, un altro è la seconda. E’ inammissibile ora farsi trovare impreparati. Quando il governatore De Luca dice: “Chiudiamo per trenta o quaranta giorni tutto così da spegnere i focolai”, in realtà spegne anche le attività, le speranze, i sogni di un popolo già in ginocchio. Come se l’obiettivo fosse quello di salvarli, sì, ma solo dal Covid. A questo, i cittadini, non ci stanno più. Vogliono lavorare, e vogliono che lo Stato e la Regione glielo permettano.

In tutto questo, quindi, si può dire stia nascendo una nuova forma di populismo. Lontana dagli schieramenti, meno isterica rispetto a quella grillina e a quella social di Matteo Salvini. Un altro esempio è il presidente del veneto Luca Zaia, seppur in modo molto differente rispetto a De Luca. Tutti e due, però, sono stati in grado, durante il coronavirus, di far percepire stabilità e affidabilità, a prescindere dall’appartenenza politica. Questo evidenzia un’altra novità: durante le elezioni regionali di settembre, i cittadini hanno abbandonato il voto “per partito” e hanno scelto in base alle garanzie di capacità amministrativa, di gestione dell’emergenza.

Guardando verso la Campania, però, oggi forse si può dire che la “smania” di controllo stia sfuggendo dalle mani di De Luca. E questo, va detto, è invece tipico del populismo più conosciuto. >>Tutte le notizie di UrbanPost

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