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APPROFONDIMENTO | Evitare la prossima pandemia: dal distanziamento sociale al distanziamento ecologico

19/01/2021 12:07 - Aggiornamento 19/02/2024 13:28

Batteri, virus, funghi e molti altri microrganismi che vivono sulla terra hanno preceduto le piante, gli esseri umani e altre specie animali per centinaia di milioni di anni. Essi occupano la gran parte delle nicchie ecologiche incluse quelle inconcepibilmente inospitali, quali le sorgenti d’acqua bollente nelle profondità degli oceani dove i batteri convertono le sostanze chimiche in energia e sostengono complessi sistemi vitali. Possono giacere dormienti per decenni, ma poi riprodursi rapidamente. Possono mutare e adattarsi a velocità incredibili. Possono unirsi per dare vita a super-organismi come il fungo del miele che può crescere fino ad arrivare a coprire 10 Km quadrati di superficie. Dato il loro numero, la loro diversità e abilità di sopravvivere, questi microrganismi sono i veri padroni del pianeta.

Gli esseri umani sono apparsi sulla terra molto recentemente – con l’attuale aspetto da circa 200.000 anni. Sono creature fisicamente delicate in grado di vivere  soltanto in una gamma limitata di condizioni fisiche. Essendo arrivati tardi, la nostra sopravvivenza ha richiesto di convivere con gli organismi microbici che dominano la vita sulla terra. E infatti coesistiamo. Essi vivono sulla nostra pelle, nel canale che va dalla bocca al retto, e in varie altre ghiandole e organi del nostro corpo.

Alcuni – per esempio i batteri che vivono nel nostro intestino – sono essenziali per la digestione e l’assorbimento delle sostanze nutritive di cui abbiamo bisogno. Altri possono essere dannosi – per esempio quelli che vivono nella nostra bocca aiutano la digestione, ma, in certe condizioni, attaccano i denti e le gengive. Ma nella gran parte dei casi semplicemente non sappiamo a quale scopo, se mai ce ne fosse uno, essi servano. Semplicemente conviviamo, più o meno in armonia.

E gli esseri umani non sono affatto unici in ciò. La gran parte degli animali, così come delle piante, trasporta grandi cariche virali e batteriche. Come nel caso di noi umani, alcuni di questi microrganismi sono essenziali – per esempio,  il rizobio, un tipo di colonia batterica, che vive nelle radici delle piante leguminose e di altre erbe, converte l’azoto atmosferico in nutrienti essenziali alla sopravvivenza di queste piante. Altri ancora – tipo i virus del ricciolo o del mosaico delle foglie – possono causare patologie nelle piante che essi attaccano. E ci sono molti altri organismi di cui ancora non sappiano nulla e, molto probabilmente, un numero anche più grande che dobbiamo ancora scoprire.

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L’attuale conoscenza suggerisce che le malattie causate dagli agenti patogeni delle piante raramente saltano specie, mentre le altre provenienti dagli animali lo fanno regolarmente. Alcune di loro hanno fatto il salto molto presto nella nostra storia. In particolare, quando gli esseri umani per la prima volta passarono dall’essere raccoglitori e cacciatori all’agricoltura stanziale circa 10.000 anni fa. Mentre piantavano le messi e addomesticavano animali come mucche, cavalli e polli, la stretta prossimità con essi permise a diverse malattie di compiere il salto – malattie con cui oggi abbiamo familiarità, come il comune raffreddore, l’influenza, la varicella e il vaiolo. Infatti, più della metà di tutte le malattie infettive conosciute, e tre quarti delle malattie infettive nuove o emergenti nell’uomo provengono da animali. Come ci si poteva aspettare, mentre gli esseri umani continuano a spostarsi verso nuove nicchie ambientali o vengono a contatto con altri animali, il numero delle cosiddette “malattie zoonotiche” continuerà ad aumentare.

Negli ultimi decenni, nonostante il miglioramento del sistema sanitario in tutto il mondo, abbiamo visto SARs, Ebola e Covid-19 compiere il salto verso l’uomo. Le grandi città affollate e i viaggi internazionali – essenziali per la vita altamente tecnologica e globalizzata  che viviamo – hanno favorito la loro diffusione a livello mondiale nel giro di poche settimane.

E così eccoci qui oggi – un agente patogeno invisibile, dalle dimensioni di una frazione di un granello di sabbia, ha ucciso quasi due milioni di esseri umani, provocato uno dei più grandi disastri economici della storia recente, e causato panico sociale e politico. Ma perché essere così sorpresi? Pensavamo davvero che gli esseri umani fossero la specie dominante e che la scienza e la tecnologia ci rendessero invincibili? Che il nostro scarso rispetto per il nostro pianeta e per le altre specie che qui vivono non avrebbe avuto conseguenze?

E qual è stata la nostra risposta? Distanziamento sociale, mascherine e confinamento. Gli scienziati e i politici ci hanno detto di evitare contatti reciproci. Naturalmente queste misure erano necessarie e inevitabili. Ma c’era il presupposto di fondo che queste misure fossero temporanee – in vigore solo per il tempo necessario a rallentare la velocità del contagio, consentire alle strutture sanitarie di fronteggiare e recuperare il ritardo e guadagnare tempo perché gli scienziati cerchino un vaccino. Per poi tornare a vivere come sempre?

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Ma forse non sarà possibile tornare alla normalità. Anche se i vaccini o le cure dovessero dimostrarsi efficaci, saremo in grado di fornire questi trattamenti a tutti? Molto probabilmente la risposta è un grande NO. Ricordiamoci che circa 1,5 milioni di persone continuano a morire a causa di malattie diarroiche, circa 1 milione ciascuna di Tubercolosi e HIV/AIDS, e circa 600.000 di Malaria – nonostante il fatto oggi siamo in grado di prevenire o curare queste malattie.

E normalità significa forse che torneremo alla nostra solita arroganza, insensibilità e aggressività? Continueremo ad agire come se fossimo i dominatori di tutto ciò che vediamo e potessimo piegare la natura al nostro volere? 

Forse dobbiamo riconoscere che la vita umana e il benessere richiedono che noi si viva in modo meno impattante sul nostro pianeta. La nostra conoscenza è limitata e la nostra incessante invasione delle nicchie ecologiche prima o poi ci condurrà a contatto con altri organismi più mortali di Ebola o dei Corona virus. Siamo davvero disposti a correre questo rischio?

Gli autori

Daud Khan lavora come consulente e consigliere per vari governi e agenzie internazionali. Si è laureato in Economia alla LSE e ad Oxford – dove era un Rhodes Scholar; e una laurea in Gestione ambientale presso l’Imperial College of Science and Technology. Vive in parte in Italia e in parte in Pakistan

Marcello Caruso è uno scrittore e giornalista indipendente che vive in provincia di Latina.

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