Coronavirus, posso riammalarmi? Questo nodo è stato dibattuto a lungo e studiato con attenzione dagli esperti. Infatti, se nei primi mesi di pandemia vi era la certezza che, una volta infettati e guariti, fosse impossibile prendere il Coronavirus nuovamente, si sono poi moltiplicati i casi di reinfezione. La Danimarca ha condotto il primo studio su larga scala per studiare a fondo il problema dell’immunità. I risultati, pubblicati su ‘The Lancet’, rivelano che ancora una volta sono gli anziani i più colpiti.
Lo studio danese
Dallo studio danese emerge che gli over 65 sono più a rischio di contagiarsi una volta guariti dalla prima infezione da Covid-19. Infatti, in questa fascia d’età la protezione da infezioni successive è solo del 47%, mentre fra i più giovani, gli under 65, il tasso di protezione è dell’80%. Inoltre, il dato fondamentale che risulta dalla ricerca è che l’immunità rimane stabile per più di 6 mesi. “Non ci sono evidenze che indichino che la protezione cali entri i 6 mesi dall’infezione”, evidenzia Daniela Michlmayr, dello Staten Serum Institut danese. E ricorda anche che “è stato dimostrato che i coronavirus Sars e Mers, strettamente correlati, conferiscono una protezione immunitaria contro le reinfezioni che dura fino a 3 anni”. Altro dato: lo studio non ha riscontrato differenze determinate dal sesso, né dall’arco di tempo trascorso dalla prima infezione.
Coronavirus, posso riprenderlo?
Lo studio si è basato sui dati raccolti nel 2020, su più di due terzi della popolazione (4 milioni di persone, il 69%), escludendo la possibilità di valutare l’impatto delle varianti. Gli scienziati hanno comparato i tassi di infezione in corrispondenza delle due ondate di Covid in Danimarca, in primavera e in autunno. Durante la prima ondata, sono stati effettuati 533mila tamponi. Di questi, il 2,2% sono risultati positivi. Più di 525mila dei primi testati sono stati richiamati per ripetere il tampone da settembre a dicembre. Tra questi, lo 0,65% di coloro che erano positivi in primavera sono risultati positivi al secondo tampone, pari a 72 persone. Il 3.37% di coloro che erano risultati negativi al primo tampone invece erano positivi al secondo test.
Visto l’arco di tempo preso in analisi, il lavoro non ha valutato le varianti, fattore che ovviamente è fondamentale sottolineare. Sul Sars-CoV-2 ora serve un’analisi continua sul lungo termine, aggiungono gli esperti. I risultati del maxi-studio evidenziano quindi l’importanza della vaccinazione, anche su chi ha già sconfitto l’infezione, facendo traballare l’ipotesi dell’immunità di gregge ottenuta grazie agli anticorpi. “Non si può fare affidamento sulla protezione naturale”, ammoniscono gli scienziati. >> Tutte le news