Il 5 maggio saranno 200 anni dalla morte di Napoleone Bonaparte: le complicazioni dei dolori allo stomaco di cui soffriva da tempo gli furono fatali il 5 maggio 1821 alle ore 17:49. Le ultime parole di Napoleone furono “Francia, esercito – capo dell’esercito – Giuseppina”, come raccontano le cronache dell’epoca. L’imperatore francese si spense a Sant’Elena, una piccola isola nel mezzo dell’oceano Atlantico, ancora oggi possedimento britannico, così remota e sperduta da rendere impossibile ogni tentativo di fuga. Qui era stato sbarcato prigioniero ed esiliato il 15 ottobre 1815.
L’esilio e la morte a Sant’Elena
Sull’isola di Sant’Elena Napoleone ebbe ampia libertà di muoversi sebbene fosse costantemente sorvegliato a vista da un piccolo contingente militare inglese. Dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli inglesi. Sulla base dei suoi ricordi, espressi in lunghe conversazioni quasi quotidiane, Emmanuel-Augustin-Dieudonné-Joseph, conte de Las Cases, scrisse “Il Memoriale di Sant’Elena” e nella seconda metà dell’aprile 1821 redasse egli stesso le sue ultime volontà, e molte note a margine (per un totale di 40 pagine).
Napoleone, in punto di morte, chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna, ma fu invece fu tumulato a Sant’Elena, presso Sane Valley, come stabilito già l’anno prima dal governo inglese. Il governatore britannico dell’isola e i suoi uomini gli tributarono gli onori riservati ad un generale. L’autopsia accertò la causa di morte in un tumore dello stomaco. Ma sulle cause del decesso nel corso di due secoli sono fiorite leggende di ogni tipo, a partire da quella dell’avvelenamento.
Napoleone 200 anni dalla morte, la leggenda di un gigante che ha imposto la sua presenza nella storia
Già in vita Napoleone era diventato una leggenda, gigante che ha imposto la sua indelebile presenza nella storia, poi alimentata e tramandata on una varietà di accenti, improntati a volte alla simpatia e altre all’ostilità, da tutta una serie di grandi scrittori, tra cui Ugo Foscolo, Madame de Stäel, Stendhal, Alessandro Manzoni, Honoré de Balzac e Lev Tolstoj. Da quando negli anni 1796-97 aveva condotto la sua vittoriosa campagna d’Italia, Napoleone era apparso come una personalità eccezionale e dopo di allora il suo mito si era imposto ad amici e nemici, in patria e in Europa.
Dopo la sua morte, la leggenda del generale vittorioso, del genio militare pari solo ai grandi strateghi della storia, del piccolo ufficiale nato in Corsica salito sul trono imperiale, del grande legislatore che aveva dato nuovo ordine all’Europa non è mai venuta meno. Il primo a costruire la leggenda fu Napoleone stesso, che favorì in tutti i modi la propria esaltazione e il culto della sua personalità.
Ma alla leggenda, in chiave negativa, contribuì in modo determinante anche la propaganda dei paesi ostili, a partire dall’Inghilterra che lo denunciò come un tiranno mai sazio delle sue prede, un sovvertitore della pace, un distruttore delle più venerande istituzioni, il carceriere di un papa.
Negli anni della prigionia Napoleone provvide a dare un’interpretazione del suo stesso ruolo storico preparando il ‘Memoriale di Sant’Elena’, pubblicato poco dopo la sua morte, nel 1822-23, nel quale l’imperatore deposto rivendicava il merito di aver portato alla sua unica conclusione possibile la Rivoluzione francese e l’Europa a un livello più alto di modernità politica, civile e sociale.