Riforma Giustizia Draghi – Giov. 22 Luglio 2021. Non dorme sonni tranquilli Super Mario. Fonti a lui vicine parlano di “forte disappunto”. La mancata intesa sui processi penali starebbe irritando non poco il presidente del Consiglio, che pare sempre più convinto che l’unica strada possibile per chiudere la spinosa questione legata alla riforma della Giustizia sia di ricorrere alla via della fiducia. L’ex numero della Bce vuole fare in fretta e per questo sembra sia intenzionato ad aprire solo a modifiche tecniche, senza stravolgere il testo. Ma la via per un accordo nella maggioranza è impervia, ed è tutta in salita. L’ennesimo schiaffo è arrivato dai parlamentari del M5s, che hanno lasciato sulla scrivania della Commissione Giustizia la bellezza di 917 emendamenti. Conte e i suoi sperano forse di portare a casa il ritorno alla riforma Bonafede così com’era.
leggi anche l’articolo —> Colloquio tra Conte e Draghi, altro che “battesimo del fuoco”: la posizione del M5s
Riforma Giustizia, Draghi seccato dal “ping pong” di Conte: “rovescio” dal M5s
Ma come scrive Claudia Fusani su ‘Tiscali’ “serietà, responsabilità e coerenza” restano i punti fermi del modus operandi del presidente del Consiglio, che ha assunto impegni precisi con l’Italia e l’Europa. Draghi, che ha fatto del «pragmatismo quasi una forma di snobismo», come scrive Stefania Tamburello nel volume “Mario Draghi, il Governatore: Dalla Banca d’Italia al vertice della Bce”, non ama perdere tempo. Ormai l’abbiamo capito. L’ex numero uno della Bce teme che l’esitazione riguardo il nodo Cartabia venga presa da Bruxelles come un segnale di debolezza; ed è un rischio che il nostro paese non può e non deve correre. «È una riforma che ci chiede l’Europa. Non possiamo tergiversare o ritardare i tempi», è il messaggio forte e chiaro che il presidente del Consiglio ha mandato al leader in pectore del M5s. Nell’incontro di lunedì a palazzo Chigi tra il premier e Conte non si è parlato di “blindare” il testo della Riforma della Giustizia, anche se Draghi non può escludere a questo punto la soluzione di ricorrere al voto di fiducia.
L’indiscrezione arriva da “Il Giornale”, dove si legge: “Mentre da piazza Montecitorio rimbalza l’ormai celebre «o-ne-stà-o-ne-stà», intonato come ai bei tempi andati da un gruppo di attivisti grillini che manifestano contro la riforma Cartabia, nella vicina piazza Colonna, al primo piano di Palazzo Chigi, ci si va sempre più convincendo che l’unica strada per chiudere la querelle sulla riforma della Giustizia è quella di porre la questione di fiducia”. Come scrive Adalberto Signore nell’articolo si tratta di “un modo per mettere la pistola sul tavolo e dare un segnale politico forte al M5s, che anche ieri – rinfrancato delle perplessità manifestate da alcuni magistrati – ha continuato ad alzare barricate. Non solo in piazza, ma pure in commissione Giustizia della Camera”.
Obiettivo del premier il via libera di Montecitorio entro i primi di agosto
L’accordo, tuttavia, non è dietro l’angolo. Sempre secondo quanto riferisce Signore su “Il Giornale” ieri da Palazzo Chigi avrebbero ipotizzato una serie di modifiche, quasi tutte di carattere tecnico, che Conte avrebbe rispedito al mittente, ritenendole insufficienti. Un ping pong che a Draghi, abituato ad andare subito al sodo, al cuore delle cose, risulta sgradevole. “Dopo il colloquio di lunedì insomma, tra Mario Draghi e il suo predecessore sembra si sia rialzato un muro”, rimarca il giornalista. Quando in verità, almeno nelle premesse, quell’incontro di lunedì avrebbe dovuto segnare un nuovo inizio tra l’attuale esecutivo e il MoVimento. “Per il premier l’intesa è già stata ratificata in Consiglio dei ministri e rimettere mano al testo significherebbe non solo sconfessare il governo, ma anche ritrovarsi con Matteo Salvini e Matteo Renzi di nuovo sulle barricate”, si legge sempre su “Il Giornale”. Dunque, piccoli ritocchi alla Riforma Cartabia sì, ma non bisogna andare troppo in là con i tempi. Draghi vuole evitare quanto auspica Conte: far slittare tutto in autunno. L’obiettivo del premier resta quello di arrivare al via libera di Montecitorio entro i primi di agosto, quando si entrerà nel semestre bianco, ossia all’impossibilità di sciogliere il Parlamento.