Governo Draghi Ultimissime – Nel corso del semestre crescono le fibrillazioni dei partiti? A giudicare quanto sta accadendo nell’esecutivo “dei migliori” sembrerebbe proprio di sì. Lo spettro di un autunno caldo, paventato l’estate scorsa, aleggia a Palazzo Chigi. Proprio come Jacob Marley nella casa di Ebenezer Scrooge nel celebre Canto di Natale di Dickens. A dare la scossa la corsa al Quirinale, che secondo «Dagospia», si è resa complicata per Mario Draghi, che non è insensibile all’argomento come vuole far credere. D’altronde, chi lo sarebbe al suo posto? Con quel magnifico curriculum più lungo dell’elenco telefonico. Roberto D’Agostino invita gli Italiani a prestare attenzione al discorso di fine anno del capo di stato Sergio Mattarella: “Solo allora potrà essere sciolto il nodo sulla eventuale candidatura al Colle” dell’ex numero uno della Bce. Intanto l’uomo che ha salvato l’Euro cerca di tenere i fili del suo governo, della sua ampia maggioranza. Da volpe qual è, sagace e intelligente, per mantenere la «pax draghiana», come scrive Adalberto Signore, il presidente del Consiglio ha pensato bene di “gonfiare la manovra per accontentare tutti”. Perché, come si dice nel gergo calcistico, “la miglior difesa è l’attacco”.
leggi anche l’articolo —> «Non sono un burattino», Draghi e il retroscena “bomba” di Dagospia: il “no” secco ai partiti
Governo Draghi, il premier “gonfia” la manovra e prende in contropiede Lega e M5s
La legge di bilancio approvata all’unanimità lo scorso 28 ottobre oggi sembra un’altra cosa, addirittura. È stata modificata e non poco: si è passati dai 185 articoli di allora ai 219 di oggi. In soli quindici giorni. Un modo per prendere in contropiede M5s e Lega, che come riferisce «Repubblica» sono rimasti spiazzati. Prima dei due governi Conte, le manovre che arrivavano in Parlamento contavano di media un centinaio di articoli (93, 108 e 122 le ultime tre), come riferisce Signore su «Il Giornale». Quest’ultimo ha poi illustrato la strategia del premier: “Ormai l’aria che si respira tra Camera, Senato e Palazzo Chigi è che Draghi abbia deciso di tirare il freno a mano in attesa della partita del Colle”. Restare in panchina però in attesa che arrivi il triplice fischio dell’arbitro non giova all’ex numero uno dell’Eurotower, come anche all’Italia. Lo dimostra il ritardo con cui viaggia oggi l’agenda di governo e che colpisce gli impegni del Pnrr. Lo ha fatto capire neppure troppo tra le righe il ministro dell’Economia Franco al termine dell’Ecofin: la crescita nell’ultimo trimestre “anche per l’Italia sarà meno forte ma chiuderemo l’anno comunque sopra il 6,1%. (…) L’area ha recuperato i livelli pre-crisi come Pil ma non come occupazione”. C’è un “però”: rispetto al Pnrr italiano ci sono “23 obiettivi su 51” ancora da centrare entro l’anno. “Stiamo monitorando la situazione e tutto il governo è impegnato su questo”. L’esecutivo auspica di chiudere tutto per il 2022, ha rassicurato Franco, soprannominato da alcuni «Alexa», con allusione all’assistente vocale che risolve tutti i problemi. Da qui l’esigenza del premier di anticipare le mosse dei suoi interlocutori, senza però tirar troppo la corda.
“Sarebbe stata la certificazione di un enorme autogol”
Che Draghi sia, come dire, in “una fase di plateau”, dopo la forte spinta decisionale dei primi mesi del 2021, è percepibile anche guardando bene alcuni dettagli: “Martedì aveva inizialmente messo in conto un Consiglio dei ministri per ratificare le novità. Ipotesi poi archiviata quando a Palazzo Chigi è apparso chiaro che sarebbe stata solo la certificazione di un enorme autogol”, scrive Signore. E la metafora calcistica ben si presta a far capire la situazione. Si è salvato in “zona Cesarini”. Che serpeggi del malcontento è altrettanto evidente, palpabile nelle parole anche del leader della Lega Matteo Salvini, che riferendosi alla riunione, a cui hanno preso parte i ministri del Lavoro Andrea Orlando e dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, ha detto: «Non faccio io gli inviti di palazzo Chigi. Sicuramente la Lega è il perno del governo, quindi certe dimenticanze stupiscono». Non meno agitato il M5s di Giuseppe Conte, che invocava di non votare in Cdm il dl sul Superbonus.
Governo Draghi ultimissime: la partita quirinalizia
Insomma la partita quirinalizia ha messo il pepe nella minestra di tutti i partiti, nessuno escluso. E il presidente del Consiglio lo sa bene. Tant’è che il suo discorso alla Camera dei Deputati, per la presentazione del “Portale Ugo La Malfa”, politico italiano eletto all’Assemblea Costituente nel 1946, può suonare come una netta risposta a quanti lo hanno criticato nelle ultime settimane. “La Malfa ci ricorda l’importanza di una politica di programmazione, necessaria per uno sviluppo equilibrato. E ci invita ad affrontare le situazioni settoriali, regionali e sociali che non riescono a trarre sufficiente beneficio dalla generale espansione del sistema. L’alternativa è quella che La Malfa chiamò successivamente il non-governo. Una definizione fulminante, per sottolineare l’incapacità di affrontare i problemi, di dare continuità alla modernizzazione del Paese. Al “non-governo” va contrapposto il coraggio delle riforme economiche e sociali. Un’azione paziente ma decisa, che eviti gli sterili drammi degli scontri ideologici, per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza”, ha affermato il presidente del Consiglio.
Draghi cita La Malfa e manda un messaggio ai partiti: «Al “non-governo” va contrapposto il coraggio delle riforme economiche e sociali»
Chissà, forse, tra molti anni anche Draghi vorrebbe essere ricordato dalle generazioni future come lui stesso ha dipinto La Malfa: “Un grande statista e appassionato riformatore. Uno degli artefici del boom economico, sempre attento a bilanciare crescita e uguaglianza. Un uomo onesto e rigoroso, che non dimenticava quando, da giovane studente alla Ca’ Foscari, per risparmiare si nutriva di fichi secchi. Un protagonista della vita civile dell’Italia”. Non sarebbe certo la prima volta: l’eloquio che Draghi stesso ha fatto per l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, suo mentore, a pochi mesi dalla scomparsa, potrebbe essere impiegato per descrivere il suo stesso mandato: “Lui che non era un politico ha restituito alla politica la sua dignità più alta”. Leggi anche l’articolo —> “DiMartedì”, Di Battista Vespa botta e risposta durissimo: «Draghi? Pare si abbia paura…»