Al lungo elenco delle truffe, cybertuffe e frodi varie di cui ci leggiamo con una allarmante cadenza si aggiungono innumerevoli varianti della stessa truffa, oppure sono frodi “di ritorno”: ad esempio, la truffa nota come “truffa dello squillo” o “truffa wangiri”, nata in Giappone, è tornata in auge dopo un po’ di tempo. Una evergreen, insomma. Vediamo come funziona e come proteggersi.
L’obiettivo dei truffatori è fare in modo che la vittima non faccia in tempo a rispondere e richiami lo stesso numero. Se succede la telefonata viene reindirizzata a un numero con sovrapprezzo dove a rispondere è un finto servizio clienti automatizzato. E il sovrapprezzo di cui pocanzi è notevole, in grado di addebitare anche 1 o 2 euro in pochi secondi. E non è ancora tutto, come vedremo. Grazie a questa strategia i truffatori chiamano per addebitare servizi telefonici particolarmente onerosi oppure attivare canoni ad abbonamenti premium. In giapponese, la parola wangiri significa “uno (squillo) e buttare giù” in quanto si ritiene che questa truffa sia nata in nel Paese del Sol levante e poi si sia diffusa in tutto il mondo. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come funziona la truffa “wangiri”
A volte i truffatori per spingere gli utenti a richiamare lasciano nella segreteria messaggi, apprendiamo dalla lettura di Qui Finanza. Inoltre, spesso chiamano di notte, o durante l’orario di lavoro per ridurre le possibilità di risposta dell’utente. La truffa infatti funziona solo se la vittima decide di richiamare il numero. A quel punto l’obbiettivo dei cybercriminali è fare in modo che la chiamata duri il più a lungo possibile. L’Interpol ha rilevato i prefissi internazionali da cui provengono la maggior parte delle chiamate. Moldavia: +373, Kosovo: +383, Tunisia: +216. (Continua a leggere dopo la foto)
Come difendersi dal raggiro
A sua volta, Panda Security, azienda italiana leader nel campo delle soluzioni antivirus e antimalware, ha elaborato una serie di consigli per difendersi dalle chiamate indesiderate e da altre truffe perpetrate telefonicamente: verificare il numero del chiamante sul sito della Agcom, che permette di controllare che il numero sia iscritto nel Registro degli Operatori della Comunicazione; bloccare manualmente il numero sullo smartphone. E ancora: utilizzare una app come Truecaller, sia per Android che per iOS, che filtra automaticamente le chiamate in entrata; firmare solo consensi obbligatori, accettare solo i cookie essenziali. È importante anche condividere pubblicamente il proprio numero di telefono il meno possibile ed evitare di richiamare se chi ci ha contattato è un numero sconosciuto, specialmente se internazionale.