Emergono scenari preoccupanti dal report di Goldman Sachs, la nota banca d’affari più potente di molti governi. Il documento The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth, stilato da alcuni suoi economisti, fa fosche previsioni. Nei prossimi anni il 18% del lavoro a livello globale potrebbe essere svolto dall’Intelligenza artificiale, questo affermano, e con cognizione di causa: i due terzi dei posti di lavoro attuali “sono esposti a un certo grado di automazione dell’IA”, si legge nel report, e “fino a un quarto di tutto il lavoro potrebbe essere svolto completamente dall’Intelligenza artificiale”. Approfondiamo l’inquietante profezia.
In sostanza, stiamo parlando di 300 milioni di impieghi a tempo pieno. Nei soli Stati Uniti, gli analisti economici ipotizzano che una quota variabile tra il 28% e il 26% del lavoro svolto nel settore sanitario sarà esposto all’automazione da parte dell’Intelligenza Artificiale. In Europa a rischiare di più, considerando che il 45% della forza lavoro dell’industria è esposta all’automazione, sono gli impiegati amministrativi, i professionisti, ovvero il 35% della forza lavoro esposta, mentre per i tecnici parliamo del 31% della forza lavoro esposta. Naturalmente per i Master of the Universe di Goldman Sachs tutto ciò non è necessariamente un male, anzi: il valore totale annuo dei beni e dei servizi prodotti a livello globale potrebbe aumentare del 7%, è quel che si legge ancora nel rapporto. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il World Economic Forum lo ripete già dal 2018: “Il 65% dei bambini iscritti alla scuola primaria farà un lavoro che ancora non esiste”. Intanto, sicuramente, gongola l’onnipresente e onnipotente Bill Gates, che ha finanziato per miliardi di dollari OpenAI, che ha sviluppato l’Intelligenza Artificiale generativa GPT-4. Al di là delle facezie come le foto Deep fake del papa con il piumino da raver o di Trump arrestato (quando ancora non era stato arrestato) che hanno fatto il giro del globo, il rischio legato alla Intelligenza Artificiale – uno dei rischi, ma il più allarmante – è che lo strumento cada nelle mani sbagliate, divenendo uno strumento o un’arma di tecno-sorveglianza, come abbiamo visto in tanti film di quella che consideravamo fantascienza. Altro rischio, questo più legato appunto al mondo del lavoro è quello del cosiddetto “Divario di competenze”, ovvero la possibilità che le competenze richieste dai nuovi impieghi cambino rapidamente spiazzando i lavoratori. (Continua a leggere dopo la foto)
L’orizzonte temporale che la ricerca firmata da Joseph Briggs, Devesh Kodnani, Jan Hatzius e Giovanni Pierdomenico si dà, peraltro, è nel breve periodo: già entro sette anni, secondo la ricerca, le professioni maggiormente in pericolo saranno quelle che richiedono competenze ripetitive e di routine, come per gli operatori di cassa, commessi e impiegati amministrativi.