Checco Zalone non ha che un solo nemico a cui far fronte: se stesso. E lo dimostra l’incasso da record del suo ultimo film Tolo Tolo, che nel primo giorno di programmazione, 1 gennaio 2019, ha fatto registrare 8.668.926 euro con oltre un milione di spettatori. Una media di 7.164 persone in 1.210 schermi. Davvero incredibile: il precedente successo, Quo vado?, si era fermato a 7.360.192 euro. Il film, prodotto dalla Taodue di Pietro Valsecchi e distribuito dalla Medusa di Giampaolo Letta, racconta il viaggio di un imprenditore pugliese in fuga dai debiti e costretto dalla guerra a tornare in patria sulla rotta dei migranti. Un tema caldo che ha portato Checco Zalone a ben 4 anni di assenza dal grande schermo. E i mesi di lavorazione sono stati tutt’altro che facili…
Checco Zalone, “Tolo Tolo” incasso record: «Durante le riprese grandi momenti di sconforto»
L’attore comico ha raccontato delle ansie e aspettative, ma anche delle innumerevoli difficoltà incontrare sul set, in un’intervista a Repubblica. Guardando ‘Tolo Tolo‘ non si può fare a meno di ridere, sullo sfondo però c’è l’Africa con i suoi problemi. E Checco Zalone ha raccontato così il viaggio affrontato: «Incredibile. A partire dalla durata, un anno e mezzo tra scrittura e riprese. Non ho visto l’inverno per due anni, ero in Kenya, con 50 gradi. Mi sono rimaste dentro le emozioni del viaggio. L’incontro con un bambino in un villaggio, Nassor Said Birya. Era tra quelli che si avvicinavano per chiederti le caramelle, ma era il più vispo, il più brillante. Aveva gli occhioni e il fare dell’attore. Ho tirato fuori il telefonino, ho trovato per caso un interprete e con quel bambino ho provato la scena in cui vende Dolce e Gabbana. All’inizio non sapeva neanche quel che diceva. Alla fine del film ho capito una delle cose più importanti dell’essere regista: saper scegliere una faccia. In quel caso ci sono riuscito!». Tant’è che l’interprete, che ha fatto parecchio discutere in queste settimane per la canzone Immigrato, ha ammesso di soffrire oggi un po’ il mal d’Africa.
«Era difficilissimo raccontare in un film come il mio il momento del naufragio: quelle immagini le vediamo tutti i giorni nei telegiornali…»
Si ride di gusto, ma non è un divertimento fine a se stesso. «Qui ci sono le carceri libiche, c’è quello che accade. C’è la verità, ca**o», ha spiegato Checco Zalone che ha poi voluto commentare una delle scene più forti del film: il balletto onirico dei naufraghi in mare. «Per trovare l’equilibrio c’è stato un grande lavoro di cesellatura, ma sto facendo pur sempre un film comico. È importante sottolineare che quello del balletto dei naufraghi è un momento onirico. Il testo della canzone, se fosse letto a voce senza la scena intorno, senza contestualizzarlo, darebbe luogo a nuove accuse di scorrettezza, cinismo o peggio ancora. Era difficilissimo raccontare in un film come il mio il momento del naufragio: quelle immagini le vediamo tutti i giorni nei telegiornali, che senso avrebbe avuto riproporlo in chiave realistica? Non ci azzecca proprio. Sono le scene a cui tengo di più. Sto dicendo a un naufrago che c’è sempre “uno stronzo più nero”. È l’idea della speranza, c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi e dobbiamo essere fratelli. Questo è il senso!», ha chiarito l’attore.
Checco Zalone: «Non so neanche io dove ho trovato la forza di finire il film…»
Infine il 42enne ha parlato delle problematiche con cui ha dovuto fare i conti in questi mesi di duro lavoro dietro e davanti alla macchina da presa: «Ci sono stati tanti momenti di sconforto. Ci sono stati pianti, le telefonate alla compagna. Sa quando si sta insieme da quindici anni, non è che ci si chiama più così spesso. E, invece, sono stato intere notti al telefono con Mariangela, volevo tornare indietro: “Non ce la faccio”. Ricordare un problema è difficile perché ce ne sono stati così tanti. Nassor, il bambino, per dire. Non era possibile farlo venire in Italia perché in Kenya non c’erano i documenti, lo stavano aspettando cento persone!». E ancora: «La nave bloccata per un problema tecnico, la pioggia nel deserto, gli scioperi del cinema: è sacrosanto il diritto di sciopero, ma, cazzo, perché proprio a me quando devo girare la scena più importante del film? A un certo punto, non succedeva da vent’anni, mi sono ritrovato a Malta con lo sciopero, avevo la piscina per le scene acquatiche solo per due giorni e non sapevo come fare. Ci sono stati grandi momenti di sconforto e non so neanche io dove ho trovato la forza di finire», ha ammesso l’attore pugliese.