Ieri l’Italia ha vissuto il giorno più nero dall’inizio della pandemia. Con 5.959 casi positivi di Coronavirus in più rispetto al giorno prima e 969 morti in sole 24 ore, abbiamo scoperto picchi che mai avremmo voluto conoscere. Oggi si parla di un totale di 92.472 casi accertati. Il numero di ricoverati è salito oltre i 26mila, e di questi 3.856 sono in terapia intensiva. Ogni giorno sentiamo dire dalle istituzioni che dobbiamo stare uniti. Che c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Ma nella realtà questo aiuto, anche volendo, è impossibile darlo. L’esperienza di NonStop Consulting, un’agenzia di consulenza che ha lanciato l’iniziativa di metter assieme una Task Force di professionisti sanitari provenienti dal Sud America per fronteggiare il Covid-19, ci spiega il perché.
Coronavirus, gli ospedali sono al collasso e le istituzioni sono convinte di avere tutto sotto controllo
Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte: queste sono le Regioni che stanno lottando più di tutte in prima linea contro il coronavirus. In generale tutta l’Italia, però, si sta mettendo in ginocchio di fronte all’aggressività del Covid-19. Conosciamo lo stato attuale degli ospedali, ridotti quasi a dover scegliere chi curare in base alle possibilità di sopravvivenza. Quello a cui assistiamo ogni giorno è un vero e proprio bollettino di guerra, in cui i morti non sembrano più essere persone. Solamente numeri.
Proprio per questo motivo NonStop Consulting, comprendendo lo stato di crisi sanitaria, ha deciso spontaneamente di applicarsi per cercare e mettere a disposizione della sanità italiana una Task Force in grado di portare un aiuto concreto ai medici e agli infermieri che ogni giorno stanno dando, letteralmente, la vita per i malati. “Da quando è esplosa la crisi del coronavirus abbiamo capito che era necessario cercare da un’altra parte le persone, perché oggettivamente il numero di internisti, pneumologi e anestesisti che ci sono in Italia è limitato.- ci spiega Giulio Segantini, il direttore del dipartimento italiano e svizzero dell’agenzia- In questo momento l’8% del personale sanitario è ammalato, e considerando che ora tutti i professionisti del settore sono in prima linea a combattere, trovare ora una persona che abbia questo tipo di specializzazione, un medico che non stia lavorando, è impossibile.
A quel punto, abbiamo considerato le nostre competenze: quello che noi sappiamo fare è trovare le persone. Abbiamo capito che quello che al momento sembra essere un problema a livello sanitario, è un problema anche a livello di carenza di personale. Quindi ci siamo attivati in quelle nazioni nelle quali il virus non è stato ancora così aggressivo. Con una breve ricerca, abbiamo capito che il Sud America poteva essere un’area di interesse. Tramite diversi colleghi abbiamo iniziato letteralmente a tartassare il Sud America per capire come e dove trovare degli aiuti. In pochissimo abbiamo trovato ottanta persone disponibili a correre in aiuto, ed entro qualche giorno dovrebbero confermare la loro disponibilità altre settanta persone”.
Coronavirus, la burocrazia italiana blocca l’arrivo dei medici dall’estero
A questo punto però si sono dovuti scontrare con la burocrazia: anche in un momento di crisi sanitaria internazionale riuscire a concludere qualcosa in tempi piuttosto brevi sembra impossibile. “Il lavoro è partito con il tentativo di riuscire a contattare tutti i possibili interessati nelle regioni italiane più colpite, quindi Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto”, ci spiega. Di fronte però si è palesato un vero e proprio muro. “Sono stato rimbalzato da una parte all’altra. Dopo un’ottima risposta da parte dei locali, quindi dai direttori sanitari, trovare un vero e proprio riscontro da parte delle Istituzioni è sembrato impossibile. L’Assessore della Protezione civile della Lombardia non si è tirato completamente indietro rispetto alla proposta, però ha affermato che ‘c’è bisogno di tempo’”. Tempo? Gli ospedali rischiano il collasso ogni minuto. Non c’è più tempo ormai.
“Noi ci siamo resi disponibili a organizzare tutto: dal reclutamento ai voli per farli arrivare fino al luogo del soggiorno. Ci prenderemmo cura di assumerli e pagare l’assicurazione sanitaria, tutto ciò di cui possono avere bisogno”. Serve solamente l’ok. Un ok che sembra non arrivare. In Piemonte, poi, l’assistente di Vincenzo Coccolo, il commissario straordinario per il coronavirus in Regione, ha addirittura risposto che loro “non sono messi così male“. A questo punto qualcosa non torna: o qualcuno ci sta ingannando e sta ingigantendo la situazione, raccontandoci numeri inimmaginabili di contagiati e di decessi, oppure non è ben chiaro ancora come vada affrontata una situazione che, letteralmente, ci costringe a fare la conta dei morti. Non solo a noi in Italia, ma oramai in tutto il mondo.
“Loro mi rispondono così, dagli ospedali invece mi dicono che hanno strettamente bisogno di personale. Da Bergamo Est, per esempio, mi hanno detto di aver necessità urgente di 50 infermieri. Non penso di poterne trovare 50 da mandare tutti a loro, ma magari 20 sì. A Ferrara ne servono altri 20 subito, più degli specialisti. Questo significa che lo staff sarebbe necessario”, sottolinea Segantini.
Coronavirus, alle istituzioni non interessa far arrivare nuovi medici
Tra l’altro, si sta parlando di pneumologi, anestesiologi, internisti, virologi, gerontologi, professionisti che hanno già affrontato l’ebola, ma anche di un team di medici più junior con esperienza in emergency per affiancarli e di infermieri di varia esperienza. Tutte figure che potrebbero davvero fare la differenza in questo momento e alleggerire, anche se di poco, il lavoro dei nostri dottori ormai stremati. Insomma, la voglia di aiutare c’è, ma sembra non esserci la possibilità. O meglio, le direttive. “Noi stiamo riducendo all’osso il nostro compenso per organizzare un servizio di utilità nazionale”, ci ammette Segantini. E il riscontro sono solo porte chiuse. “Uno non può aiutare nemmeno volendo”. Bisogna considerare inoltre un’altra cosa: se la situazione nei paesi del Sud America si aggrava, le frontiere ovviamente verranno chiuse e questi medici che provengono principalmente da Uruguay, Argentina, Perù e Venezuela non potranno più uscire.
Inoltre, il governo spagnolo si è già dimostrato più interessato, quindi nel caso in cui in Italia l’iniziativa non andasse in porto, verrebbero direzionati in altri Stati che a loro volta stanno affrontando l’emergenza. Oggi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha accolto all’aeroporto di Fiumicino trenta persone tra medici e infermieri inviati dall’Albania. Altri sono arrivati da Cuba, dalla Russia e dalla Cina. Questo ci fa capire che l’esigenza di medici è reale. Siamo ancora molto lontani dal poter considerare la pandemia sotto controllo. Per questo motivo ci sembra davvero irragionevole rifiutare l’aiuto di una società in grado di poter far arrivare nel giro di pochi giorni centinaia e centinaia di specialisti. Perché invece le Istituzioni sembrano non essere interessate? Cosa non ci viene detto?
Tutti abbiamo ben chiara nella mente l’immagine dei camion dell’esercito trasformati in carri funebri. Non vogliamo mai più dover vedere nulla di simile. E come ha commentato la segretaria della Federazione dei medici della Lombardia Paola Pedrini, “non vorremmo che la confusione sui dati servisse a nascondere la responsabilità dei generali nella Caporetto della sanità pubblica italiana”.