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Coronavirus quando finirà e raggiungeremo il picco? I calcoli dei modelli matematici

11/03/2020 09:14 - Aggiornamento 11/03/2020 09:37

Coronavirus quando finirà? Su Il Corriere della Sera Silvia Turin ha riflettuto su una serie di interrogativi che gli scienziati si stanno ponendo in queste ore e a cui stanno cercando di rispondere con i calcoli dei modelli matematici. Alla luce del boom di contagi in Lombardia continuano a destare preoccupazione domande come “Stiamo raggiungendo il picco dell’epidemia?” e se non è ancora così “è possibile prevedere quando sarà e con quali conseguenze”?

Coronavirus quando finirà

Coronavirus quando finirà e raggiungeremo il picco? I calcoli dei modelli matematici

I modelli matematici ci sono e anche alcune prolessi ipotetiche: da un lato chi si muove per parallelismi, mettendo a confronto la situazione italiana con quella cinese, o magari paragonando il Covid-19 ad altre malattia contagiose del passato. Sappiamo tutti però che ogni epidemia è diversa. «È difficile fare previsioni, ci sono vari modelli che circolano, ma tutti i modelli presuppongono delle assunzioni, cioè alcuni eventi che vengono predeterminati, ma noi ci troviamo in una situazione nuova e guardando i nostri dati al momento non mi sento di fare previsioni», ha detto in conferenza stampa domenica il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro.

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Il professor Paolo Bonanni: «Il picco si calcola sulla base del valore di R con zero, che è il “tasso di contagiosità”»

Quali sono le variabili che entrano nel calcolo dell’arrivo di un picco? Paolo Bonanni, professore di Igiene presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Firenze, ha cercato di dare un’esaustiva spiegazione a Silvia Turin de ‘Il Corriere della sera’: «Il picco si calcola sulla base del valore di R con zero, che è il “tasso di contagiosità” che per questo virus abbiamo visto sta tra 2,5 e 3. Questo vuol dire che mediamente ogni persona (in una popolazione non immune come la nostra ora) ne infetta da 2 a 3. Così si possono fare delle previsioni con modelli matematici più o meno dettagliati su come andrà la curva epidemica con questo tasso di contagio. Questo valore in parte dipende dalle caratteristiche biologiche del virus, ad esempio il morbillo è molto più contagioso del SARS-CoV-2 e l’influenza meno, ma non solo: conta anche il livello di densità della popolazione, cioè quante persone si incontrano, per quanto tempo, quanto a lungo».

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Una risposta quella del medico che ne fa scattare subito un’altra domanda: l’R0 potrebbe essere più alto al momento in Lombardia rispetto ad altre regioni? «Sicuramente sì, una popolazione più addensata ha un R0 più alto. Quello che stiamo facendo adesso serve a togliere terreno al tasso di contagiosità, il distanziamento sociale fa in modo che, pur rimanendo inalterate le caratteristiche che dipendono dalla biologia del virus, si riduca il picco in altezza, cioè la diffusione del contagio. Altrettanto importante è però spostare il picco più in là nel tempo, in modo che si dia tempo al sistema sanitario di reagire, di avere posti liberi perché le persone sono nel frattempo guarite».

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Altri nodi da sciogliere l’incidenza del clima sul coronavirus«Non ci sono presupposti scientifici, ma alcuni pensano che la stagione calda possa influire sull’andamento dell’epidemia: ce lo auguriamo in tanti ma non abbiamo dati che lo confermino per ora». Ci sono dei modelli matematici che indicano date del picco? «I modelli ci sono, li abbiamo, ma per ovvi motivi di non-allarmismo e di serietà non vengono divulgati, visto che sono proiezioni ad uso di chi gestisce l’emergenza e comprendono dati che presentano delle carenze. Non sappiamo quanto sono affidabili perché non possiamo sapere tutto di questo virus, i margini di errore sono molti».

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La presunta data del picco dipenderà dal rispetto delle misure di restrizione«Quello che sappiamo per certo è che più ci atteniamo alle indicazioni che ci ha dato il governo, più contribuiamo a ridurre il numero dei casi, l’affollamento delle rianimazioni, avremmo meno morti e forse una coda un po’ più lunga dell’epidemia, ma questo non ci preoccupa più di tanto, perché l’importante è non avere i picchi tutti insieme perché sennò mettiamo in discussione la possibilità di salvare le persone. Questo è un momento cruciale perché il contenimento del virus dipende dal nostro comportamento, se le persone continuano a vedersi nonostante i divieti saranno responsabili di un aumento notevole del numero dei casi e purtroppo anche dei morti: c’è veramente una responsabilità sociale fortissima, minimizzare significa aumentare le probabilità che muoiano le persone».

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Diversa la situazione in Cina, dove sembra che l’epidemia sia nella sua fase calante«Finita no, sta rallentando e le loro misure hanno consentito di bloccare la diffusione. A volte la coercizione è quello che serve. (…) Si può dire finita quando non ci sono più casi di una malattia che non è diventata endemica. Bisognerà vedere appunto se il coronavirus diventerà endemico, cioè se al di là dell’episodio con il picco più alto, la malattia continuerà nei mesi a venire ad esistere, anche se in pochissime persone e magari con una virulenza minore dal punto di vista clinico». Alla domanda: “Potrebbe ricominciare tutto da capo una volta finita?”, il professore ha risposto così«In Cina potrebbe (…) con una reimportazione dei casi da aree del mondo dove l’infezione ha avuto un andamento più ritardato. In questo momento siamo noi il pericolo per loro. Il problema in generale è la non-sincronia dei focolai epidemici in tutto il mondo. Potremmo stare tranquilli quando vedremo una sostanziale riduzione del numero dei casi anche negli altri Paesi. Le misure vanno mantenute per un tempo significativamente lungo per poter essere sicuri che l’epidemia non riprenda».

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