Il Parlamento si è trasformato ancora una volta in una tribuna, con urli e insulti da parte dei diversi schieramenti politici. Stamattina, durante il dibattito sul decreto di maggio e l’utilizzo dei Dpcm da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il centrodestra si è esibito in uno spettacolo di offese e ha dichiarato ufficialmente guerra alla maggioranza, definita “serva dei cinesi”. Tra i banchi dell’opposizione si è sentito urlare anche “zecche rosse”, “fascisti”, a dimostrazione che non basta una situazione come quella che stiamo vivendo a contenere le anime da ultras e da polemica obbligatoria.
Decreto maggio, il Parlamento insorge
Secondo il centrodestra il governo Conte sta prendendo una “deriva autoritaria”, c’è il pericolo di una “vera dittatura” e per evitarla, partirà una “nuova resistenza”. Il perché è sempre lo stesso: i Dpcm utilizzati dal presidente del Consiglio durante l’emergenza Coronavirus. Gli stessi che da alcuni sono stati definiti ripetutamente “incostituzionali”. Proprio a quelli il centrodestra, ma anche parte della maggioranza, vogliono dire stop. Non sono stati sufficiente il distanziamento sociale e le mascherine a placare i parlamentari che, durante il dibattito, hanno trasformato i banchi in ring, urlando “libertà-libertà” alternati da accuse e repliche più o meno fuori luogo.
In particolare, la scena è stata condotta dalle fila di Fratelli d’Italia e della Lega, che tramite i loro cori sono riusciti a ottenere l’accantonamento degli emendamenti “incriminati” per tentare un’ultima difficile intesa con il governo. Grazie a tutto questo, il dibattito è stato posticipato di un’altra settimana: martedì pomeriggio il decreto sarà di nuovo in Aula.
Decreto di maggio, il centrodestra si oppone
Lo spettacolo è iniziato nel momento in cui è stato messo a votazione l’emendamento di Fratelli d’Italia, il quale mira a rendere obbligatorio il parere preventivo del Parlamento sui Dpcm. Per correttezza, è bene precisare che il compito dei Dpcm è proprio quello di agevolare i tempi decisionali. Il governo ha chiesto la riformulazione dell’emendamento, in modo da “ammorbidirne” il contenuto. La richiesta però non è stata accolta da Fratelli d’Italia, e nemmeno da Forza Italia, il quale ha presentato un emendamento simile, ma meno imperativo. Al contrario, l’intesa è stata raggiunta invece tra il governo e la maggioranza sugli emendamenti presentati dal Partito Democratico e da Italia Viva, i quali a loro volta sono stati riformulati. Il governo, così, deve illustrare il Dpcm prima al Parlamento, “al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi”.
Nel momento in cui sono stati rifiutati gli emendamenti presentati dall’opposizione, o meglio dopo la le parole di Francesco Forciniti (M5S), che ha richiesto maggiore responsabilità, è iniziato lo show. Forza è Italia letteralmente insorta. “E’ sconvolgente sentire da un M5S dire che non c’è deriva autoritaria”, ha detto Giusi Bartolozzi, “la deriva autoritaria c’è eccome“. L’ha seguita poi il leghista Igor Iezzi: “Noi abbiamo avuto senso di responsabilità. Non abbiamo consegnato le nostre libertà e i nostri diritti nelle mani di Conte. E per me un Paese in cui viene impedito ai cittadini di manifestare in piazza io lo chiamo fascismo e, di fronte al fascismo, noi saremo la nuova resistenza”. Attorno al coro “libertà-libertà” il centro destra si è unito in un forte applauso.
Claudio Borghi (Lega): “E’ l’inizio di una dittatura”
A quel punto è intervenuto un altro parlamentare delle fila della Lega, Claudio Borghi: “Non possiamo a cuor leggero pensare di esautorare il Parlamento pensando che non si crei un precedente. Potrebbe essere l’inizio di uno scivolo che sappiamo dove porta: alla dittatura“. E poi ancora: “Questo pezzo di carta avrebbe una validità se fossimo nella Repubblica Popolare Cinese, da cui voi prendete gli ordini. Siete schiavi di Pechino“, ha aggiunto Alessandro Giglio Vigna, mostrando l’autocertificazione per gli spostamenti. Alcuni poi sono tornati a cavalcare l’onda delle polemiche sulle scarcerazione dei boss mafiosi, parlando di “governo morto”. Insomma, una serie di accuse, alcune totalmente scorrette, si sono susseguite in una escalation di insulti.
A un certo punto, poi, è intervenuto anche Emanuele Fiano (PD): “I partigiani della mia famiglia si rivoltano nella tomba a sentire certe battute sui difensori della resistenza da chi non ha detto una parola contro Orban quando ha preso i pieni poteri. Da chi si riuniva di notte all’Hotel Metropol, da chi ha detto che il 25 aprile non si deve festeggiare. Vergognatevi“. Certamente queste parole non sono state utili a calmare gli animi e, dopo gli applausi giunti dalle fila del Pd, di Leu e di Iv, la leghista Simona Bordonali ha replicato: “Orban è stato eletto, Conte no“. Anche qui, la solita inesattezza buttata lì, dimenticando che nemmeno durante un incontro di box tutto è concesso.
Decreto maggio, Zicchieri (Lega): “Siete dei comunisti”
Dopodiché è stato il turno di Francesco Zicchieri (Lega): “Qualche collega vi ha onorato del titolo “fascisti”, ma io vi do il titolo giusto. Siete comunisti, comunisti, comunisti“. In un mix tra scandaloso e offensivo, il leghista rincara la dose e lascia poi la palla al collega Luca Toccalini, il quale ha proseguito sul filone rosso. “Io trovo abbastanza vergognoso che in questo Paese le limitazioni valgano solo per chi la pensa in un certo modo. Perché ricordiamolo anche a quest’Aula: il 29 aprile, quattro ragazzi stavano andando a portare una corona per ricordare Sergio Ramelli e sono stati multati.
Nel frattempo, il 25 aprile e il 1 maggio, abbiamo assistito a cortei delle zecche rosse, che sono rimasti impuniti. Perché in questo caso non abbiamo visto una multa, è questa la cosa vergognosa. In questo Paese se sei di sinistra e se sei comunista, per te non esistono le leggi e sei libero di non rispettarle. Se osi pensarla in un modo normale, con del buon senso, invece devi essere punito”, ha detto.
Le sue parole hanno fatto scattare l’ennesimo applauso da parte dell’opposizione, che anche questa volta lo ha accompagnato con il coro: “Vergogna, vergogna“. Il teatrino è continuato fino a mezzogiorno, quando è incalzata l’informativa urgente del ministro Dario Franceschini e il tutto è stato rinviato a martedì prossimo. D’altra parte, che fretta c’è di decidere? >>Tutte le notizie di UrbanPost