In questi ultimi mesi si parla molto della crisi dell’editoria, ma anche delle edicole purtroppo sul punto di chiudere i battenti. Su ‘Salerno Today’ l’intervista al signor Alfredo Bove, che fa il giornalaio a pochi passi dalla chiesa di San Demetrio, nel cuore della città portuale campana; a Ciro Ricci, titolare di un’altra edicola in vendita, ubicata all’imbocco di via Luigi Guercio, e a Salvatore Bubolo, giornalaio a Parco Arbostella. Attraverso le parole di questi è possibile capire i problemi con cui fanno i conti tutti i giorni gli edicolanti costretti a cedere la propria attività e a dire addio ai propri chioschi: «L’abbiamo rilevata quattro anni fa, avevo perso il lavoro, immaginavamo un altro guadagno, adesso è un’impresa a perdere», ha detto Alfredo. Davanti alla sua edicola campeggia da novembre scorso il cartello che annuncia la cessione dell’attività: «Nessuno si è fatto avanti se non la vendo, la chiudo comunque. Accadrà entro la prossima estate!».
Troppe edicole sul punto di chiudere i battenti
A Pasquale Tallarino di ‘Salerno Today’ Alfredo Bove ha raccontato che la giornata tipo comincia già all’insegna delle spese: «Appena apriamo spendiamo 15 euro… senza dire neppure buongiorno. Il conto è semplice: 10 euro di contributi e il resto per la Tosap. Oggi devo lavorare per “stare sotto” di 200 euro. I quotidiani non creano disagio: sono pagati e la sera, se non li vendo, posso restituirli. Il problema è la roba in giacenza. Talvolta non riusciamo a coprire neppure l’assegno che deve incassare il distributore. Abbiamo fatto una richiesta, inviato fax: chiediamo di non inviare più dvd e cd, perché non si vendono», ha spiegato dispiaciuto l’edicolante.
Edicole in crisi: «Non è vero che i giornali non si vendono, la verità è un’altra»
Ciro Ricci, proprietario dell’edicola presente a Via Luigi Guercio, ha voluto puntualizzare però che il vero problema non è nel numero dei lettori: «Non è vero che le edicole chiudono perché, come immagina qualcuno, i giornali non si vendono. Non è così: i giornali si vendono, ma per noi non c’è guadagno. Gli agi sono sempre gli stessi dal 1969, le case editrici fanno gli sconti. La gente si presente con i buoni, i famosi coupon. Vengono inviati sul telefonino, le persone stampano e vogliono il mensile. Dovrebbero pagarlo 3 euro e invece lo portano a casa gratis. Per quel mensile, che non ha prodotto incasso immediato, devo acquistare una busta, pagarla 20 centesimi, spedire tutto e confidare che entro un mese, se il coupon non viene smarrito, venga accreditato il mio incasso sul conto corrente. Gli agi sono il mio guadagno: la differenza tra quanto costa a me un giornale e quanto lo vendo. Facciamo l’esempio di un quotidiano che a me costa 0,97 centesimi e al cliente 1,20 euro. Restano 23 centesimi di guadagno e su questo guadagno, il 70% è tassazione!». L’edicolante insiste: «Non c’è crisi di giornali, a mio avviso, e non c’è crisi di lettori. I siti di informazione hanno i propri lettori e i quotidiani fanno riferimento ad un’altra fascia, un’altra tipologia: non si ostacolano e possono convivere. Il lettore del quotidiano ha un rapporto con la carta e lo coltiva. Se sceglie la versione on line del quotidiano cartaceo, è probabile che poi desista per ritornare al cartaceo: l’ho constatato con tre clienti. Tex Willer e gli altri fumetti restano tra i più venduti, perché la lettura è trasversale, coinvolge le famiglie, i nonni, i bambini».
«Ho deciso di vendere perché non si può vivere con 800 euro al mese…»
«Gestisco questa attività da venti anni e credo siamo giunti alla terza gestione: prima di me, altri due giornalai, trent’anni ciascuno. Ho deciso di vendere perché non si può vivere con 800 euro al mese ed è già un lusso. Questa settimana, tra quanto ho speso e quanto ho incassato, mi sono rimasti in tasca 79 euro: non so proprio cosa farci, ho famiglia da mantenere e un affitto da pagare. Arriva troppa roba in edicola e non riusciamo neppure ad esporla», ha spiegato Ricci. A fargli eco un altro suo collega Salvatore Bubolo, giornalaio al Parco Arbostella, che ha dichiarato: «Non si sono fatti avanti acquirenti: devono alzarsi alle 6 e restare aperti nei giorni festivi; è un lavoro che ti cambia la vita, la logistica, l’orizzonte!». L’edicolante ha svelato la nuova frontiera: «Il decreto legislativo 170/2001, articolo 4 bis, stabilisce che parte della superficie delle edicole possa essere destinata non solo all’informazione ma anche all’accoglienza turistica, alla commercializzazione di prodotti diversi da quelli editoriali. Si tratta di pastigliaggi confezionati, prodotti alimentari confezionati non deperibili e che non necessitino di particolari trattamenti di conservazione, incluse bevande preconfezionate e preimbottigliate, più i prodotti del settore non alimentare, ad esempio cartolibreria. La condizione è che l’attività prevalente resti la vendita dei quotidiani e dei periodici. Lo farò, è la nuova frontiera».