Gas Angola Italia – La positività al Covid del premier Draghi ha costretto Luigi Di Maio e Roberto Cingolani a volare in Africa, per parlare di forniture di gas con i governi locali. Una trasferta però, che, come scrive Fausto Carioti su «Libero», lascia perplessi dal momento che il contributo che questi due paesi possono dare all’Italia è pressoché nullo. «I dati disponibili presso le varie fonti non mostrano l’esistenza di riserve certificate che possano garantire una produzione importante e duratura nel tempo e men che mai esportazioni di un certo rilievo verso l’Italia», si legge.
Missione in Africa inutile, Angola e Congo non hanno il gas: trivellazioni ferme nell’Adriatico
Viene dunque da pensare che dietro il viaggio non ci sia nient’altro che la parvenza di una strategia, vale a dire il tentativo di voler dare l’impressione che si stia facendo qualcosa. “Se Draghi, Di Maio e Cingolani avessero la volontà politica di imporsi su parte della sinistra e sull’ala del M5S che fa capo a Giuseppe Conte, troverebbero a chilometro zero, sotto le acque italiane, più metano, a un costo di gran lunga inferiore. Ma questa volontà non l’hanno, come dimostra la recente approvazione del ‘Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee’ (Pitesai), che conferma i vincoli all’estrazione voluti dall’allora presidente del consiglio del governo gialloverde”, scrive il giornalista.
Nel sottosuolo italiano ecco cosa c’è
Effettivamente, come chiarisce Jacopo Gilberto su «Il Sole 24 Ore», nel sottosuolo italiano ci sono indisturbati almeno 90 miliardi di metri cubi dell’odiosamato metano. Si tratta del meno inquinante tra i combustibili fossili, «il più formidabile nemico del carbone». E guardiamo al denaro: quello italiano è metano il cui costo di estrazione si aggira sui 5 centesimi al metro cubo. È una stima indicativa, una media citata da Marco Falcinelli segretario della Filctem Cgil e dall’economista Davide Tabarelli di Nomisma Energia. Invece il prezzo di mercato del gas che l’Italia importa da Paesi remotissimi si aggira fra i 50 e i 70 centesimi al metro cubo. Facciamo due conti: dieci volte tanto. Ma quanto ci vorrebbe in termini di investimenti?
Secondo un recente studio sui soli giacimenti di gas dell’Emilia e della Romagna sia in terraferma e sia in Adriatico bisognerebbe investire 322 milioni per raddoppiare da 800 milioni a 1,6 miliardi di metri cubi l’anno l’ormai stanca produzione. Per estrapolazione, in Italia servirebbe un paio di miliardi per estrarre circa 10 miliardi di metri cubi l’anno per dieci anni, riferisce «Il Sole 24 Ore».
Gas Angola, perché il viaggio di Di Maio non serve
L’alternativa ragionevole c’è: i giacimenti di gas nei fondali marini italiani. Ma è un problema politico, lo spiega «Libero»: “Sono i divieti introdotti negli ultimi anni, confermati e scolpiti nel Pitesai avviato dal primo Conte (nel quale proprio Di Maio era ministro dello Sviluppo economico) e varato di recente dal governo Draghi. È a causa di questi veti che la produzione annuale italiana di gas è crollata dagli oltre 21 miliardi di metri cubi degli inizi degli anni 2000 ai 3,3 miliardi del 2021 (ogni anno, per avere un’idea, ne usiamo circa 75 miliardi). Così, mentre i nostri ministri vanno a cercare improbabili fornitori in Africa centrale e meridionale, la Croazia piazza le sue trivelle offshore e pompa il gas dell’Adriatico, impoverendo quelli che sarebbero i nostri giacimenti”. Leggi anche l’articolo —> Sondaggi, la nuova media settimanale di Termometro Politico