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Guerra in Ucraina, le armi italiane finite nelle mani dei russi: catturati mortai pesanti

29/04/2022 09:52 - Aggiornamento 29/04/2022 10:01

Guerra in Ucraina, ultime notizie – “Attenzione. Con il mortaio da 120 mm la carica massima consentita è la quarta”. Quella scritta lì sopra il contenitore cilindrico che campeggia in uno scatto diffuso nelle scorse ore prova chiaramente la provenienza delle munizioni prese dai russi in una postazione ucraina nel Donbass. Si tratta delle armi donate dall’Italia alla Resistenza di Zelensky. Il governo Draghi ha mandato i mortai da 120 millimetri, che provocano, secondo quanto riportato da «Repubblica», danni simili ad un cannone. La bomba a frammentazione, stando ai manuali, sparge schegge in un’area di 100-150 metri e può raggiungere i 4.750 metri.

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Guerra in Ucraina, le armi italiane finite nelle mani dei russi: catturati mortai pesanti

L’Italia come scrive Gianluca Di Feo su «Repubblica», ha messo a disposizione due tipi di mortaio da 120 millimetri: “Uno moderno a canna rigata, di produzione francese, che si è dimostrato molto efficace in Afghanistan. E uno a canna liscia, risalente agli anni Ottanta e tolto dal servizio da un ventennio: è il ‘modello 63’, quello citato nella foto scattata nel Donbass e che quindi dovrebbe essere stato consegnato”. I condizionali sono d’obbligo, proprio perché sull’invio delle armi dall’Italia all’Ucraina c’è un «vincolo di segretezza». Nel corso dell’audizione del 28 aprile del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, si sono infatti condivisi “i contenuti del secondo decreto interministeriale che autorizza la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative dell’Ucraina, sui quali il Comitato ha convenuto con il governo nella apposizione del vincolo di segretezza, e gli esiti della riunione svoltasi nella base americana di Ramstein in Germania lo scorso 26 aprile con la partecipazione dei Paesi alleati nel sostegno al governo di Kiev”, come ha chiarito il presidente del Copasir Adolfo Urso. La foto però mostrata dalla propaganda delle repubbliche secessioniste del Donbass svela alcune informazioni sulle forniture.

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Cosa abbiamo inviato a Kiev

Come dicevamo il nostro esercito ha preferito inviare armi, come dire, “vintage”, ma non per questo meno preziose. Dietro questa decisione assunta dal governo Draghi si celerebbero due ragioni: innanzitutto la semplicità d’uso di questi strumenti, che non richiedono un addestramento specifico; la seconda, di carattere più prettamente politico, deriverebbe dal desiderio di tenere un basso profilo, visti i dissidi nella maggioranza. Il M5s «si oppone all’invio di aiuti militari e a controffensive che esulino dal perimetro del legittimo esercizio del diritto di difesa – in base all’articolo 51 della Carta dei diritti dell’uomo – da parte dell’Ucraina». Queste le parole di Giuseppe Conte, che si è detto più volte contrario all’escalation militare. Estendere il conflitto «sarebbe uno scenario da terza guerra mondiale, una follia. Un’eventuale controffensiva sarebbe un’altra prospettiva. E comunque bisogna ragionarne anche con Zelensky», ha aggiunto il leader pentastellato. Dichiarazioni che suscitano parecchi malumori anche nel Pd, anche perché l’indirizzo del premier Mario Draghi è stato chiaro sin dal principio. «Non aiutare militarmente Kyiv significa lasciare che gli ucraini accettino pacificamente la schiavitù», aveva detto il presidente del consiglio lo scorso 23 marzo, rispondendo uno per uno ai deputati che in Aula invitavano alla pace. A chi voleva ridurre allora le responsabilità di Vladimir Putin, Draghi aveva replicato con fermezza: «Non ci sono scuse per chi aggredisce».

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