L’ultimo discorso di Conte alla nazione ha lasciato un po’ di amaro in bocca: arrivato dopo l’attesa spasmodica di quanti credevano di avere una sorta di via libera dopo il 4 maggio, ha generato non poche proteste. A partire dalla Cei (Comunità episcopale italiana) che si è vista prorogare la possibilità di dire messa in presenza di fedeli. Un ritardo inaccettato per i vescovi che hanno replicato alle parole del premier con un comunicato in cui avvisano di esigere di poter riprendere l’azione pastorale.
Proteste contro Conte, Cei insorge: “Serve una risposta in tempi brevi”
Lo scontro sulle messe ha subito generato una trattativa alla quale stanno lavorando governo e Cei con il sostegno del premier Conte. Sul tavolo ci sarebbe già una data, quella del 10 maggio, dunque domenica. Sebbene Palazzo Chigi spinga per l’11 – lunedì – per permettere una ripresa più ‘tranquilla’, i vescovi chiedono invece di ripartire in un giorno festivo, che sia anche simbolico di una rinascita. Ad impegnarsi nella chiusura dell’‘incidente’ con la Chiesa è il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: sarebbe lei a battersi per arrivare alla ripresa delle celebrazioni il prossimo 10 maggio. Quel giorno potrebbero ‘ripartire’ le messe in Italia, dove possibile all’aperto. Più difficilmente al chiuso, sicuramente con la mascherina. “Serve una risposta in tempi brevi – chiedono i vescovi – Anche un no, ma che dia almeno un orizzonte ai fedeli”.
“Non siamo alla liberazione e non dobbiamo buttare a mare i sacrifici fatti”
Non gli unici a manifestare il proprio malcontento: la conferenza di Conte ha scaturito la delusione di molti. Ma dietro le scelte comunicate ci sono, come sempre, le valutazioni del Comitato tecnico-scientifico. E allora il premier fa un passo indietro: “Avrei dovuto parlare un linguaggio più diretto – ha ammesso – Spiegare che siamo ancora a centomila positivi: una enormità”. Far credere che il 4 maggio ci sarebbe stato una sorta di via libera è stato probabilmente un errore, imperdonabile a quanto pare. E allora, dopo esser volato a Milano promettendo di passare nelle zone più colpite, ha spiegato: “Non ci sono le condizioni per tornare alla normalità. Non siamo alla liberazione e non dobbiamo buttare a mare i sacrifici fatti”. Dello stesso avviso Roberto Speranza, ministro della Salute: “Siamo dentro l’epidemia, non fuori”. >> Coronavirus, i numeri di oggi: -290 malati, i guariti sono quasi 65mila