Non si sono ancora fermati gli attacchi verso Silvia Romano. Gran parte della popolazione sembra non aver accettato il presunto pagamento, smentito dal ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, del suo riscatto. Oltre alle minacce, si stanno verificando veri e propri atti vandalici. Secondo quanto emerso nelle ultime ore, infatti, la famiglia avrebbe trovato dei cocci di vetro sospetti vicino a una finestra dell’appartamento nella quale vivono insieme alla cooperante. Ieri sera, poi, un uomo egiziano ha tentato di intrufolarsi all’interno del palazzo dicendo di voler dimostrare la propria solidarietà verso Silvia. La polizia scientifica ora sta effettuando i rilievi all’interno dell’appartamento situato al piano inferiore rispetto a quello dove vive Silvia Romano.
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Silvia Romano, cocci di vetro contro l’appartamento in cui abita
Da quando è rientrata in Italia con i vestiti tradizionali somali Silvia Romano è stata presa di mira da gran parte della popolazione. In tanti hanno visto la sua conversione all’Islam come un gesto quasi irrispettoso nei confronti del Paese che l’ha salvata, forse non considerando che lo Stato italiano è una Repubblica democratica laica e aconfessionale, senza cioè una religione ufficiale. A ogni modo, anche l’idea che possa essere stato pagato un riscatto per una persona che ha dichiarato di non essere stata trattata male, ma soprattutto di voler tornare a fare volontariato non è piaciuto. Mezzo Paese la sta incolpando di tutto, arrivando addirittura ad augurarle morte, impiccagione e stupro.
Queste sono persone che probabilmente conoscono il prezzo di tutto e il valore di nulla, e si sentono legittimate a giudicare chi ha scelto di partire per aiutare, ma non di essere rapita e nemmeno di pagare un riscatto.
Silvia Romano è stata travolta da un’ondata di insulti e minacce, fin dal primo momento. Decine e decine di messaggi contenenti vere e proprie frasi d’odio. Per questo ora gli investigatori del Ros di Milano hanno aperto un’indagine con l’ipotesi, contro ignoti, di minaccia aggravata. L’analisi è appena cominciata, a seguito dell’interrogatorio a cui Silvia si è dovuta sottoporre una volta rientrata in Italia. La cooperante, dopo 18 mesi di prigionia, è stata ascoltata per svariate ore in procura, nell’ambito dell’indagine per minacce aperta dalla sezione antiterrorismo guidata dal Procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili. Si punta a individuare con precisare gli autori delle intimidazioni online e delle minacce. Gli inquirenti, inoltre, stanno verificando eventuali collegamenti tra gli autori e i gruppi dell’estrema destra.
L’appello del padre: “Abbiamo bisogno di stare in pace”
Alla gioia di aver ritrovato una faglia si mischia il timore e la preoccupazione di doverla proteggere. Controlli continui sotto casa da parte delle forze dell’ordine sembrano non esser sufficienti per garantire la pace alla famiglia Romano. Mentre il responsabile dell’antiterrorismo Alberto Nobili e i carabinieri del Ros di Milano indagano sulle minacce, i colleghi di Roma hanno aperto un fascicolo sul sequestro vero e proprio. Silvia, comunque, durante l’interrogatorio ha dichiarato agli inquirenti di sentirsi “serena” nonostante gli insulti. Proprio in quella occasione, infatti, la cooperante ha descritto nei dettagli non solo la sua esperienza, ma anche tutte le minacce iniziate da quando ha messo piede giù dall’aereo che l’ha riportata in Patria. Così tanti da costringerla ad aumentare la privacy anche sul suo profilo Facebook, altrimenti martellato continuamente.
“Noi vogliamo stare in pace, abbiamo una ragazza da proteggere“, ha commentato il padre di Silvia. “Abbiamo bisogno solo di ossigeno. Un figlio viene rapito, fa 18 mesi di prigionia, come sta quando torna? Non è che se uno sorride sta benissimo. Non confondiamo la capacità di reagire per rimanere in piedi dignitosamente con altro: è sopravvivenza”. >>Tutte le notizie di UrbanPost