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Strage di Bologna 40 anni dopo, Sergio D’Elia: “Le vittime vanno onorate con la ricerca della verità”

02/08/2020 13:34 - Aggiornamento 02/08/2020 13:39

Strage di Bologna 40 anni dopo, Sergio D’Elia, segretario di Nessuno Tocchi Caino: “Doveva essere fascistama potrebbe essere altra strage di Stato”. In una lunga intervista rilasciata all’Adnkronos D’Elia torna sulla teoria delle stragi di stato che, ad ogni anniversario, da Ustica e Bologna appunto, fa discutere, indignare e anche riflettere su come dopo decine di anni non si possa ancora avere una verità condivisa, sia sul piano giudiziario che su quello storico.

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“La teoria delle stragi di Stato non si è fermata a Bologna”

”La teoria di stragi di Stato nel nostro Paese non si è certo fermata alla stazione di Bologna –  afferma D’Elia – Potrebbe essere ”di Stato” anche quella di Bologna, nel doppio o alternativo senso di una strage che lo Stato, potendolo fare, non avrebbe impedito avvenisse o di una strage che, una volta avvenuta, lo Stato avrebbe coperto da una spessa e impenetrabile coltre di omertà. La ”verità processuale” sulla strage di Bologna si specchia nel ”segreto di stato” che per oltre 40 anni è stato imposto sulla strage di Bologna e sull’occultamento di possibili e più probabili verità alternative, indicibili e inconfessabili per la loro gravità”.

“Non per libera convinzione ma per comune convenzione, non per un fondato giudizio ma per un diffuso pregiudizio, la strage doveva essere ”fascista”. Si tratta della stessa convenzione che per decenni ha portato l’arco costituzionale a escludere il Movimento Sociale Italiano dalla vita democratica e a negargli la dignità di forza politica del nostro Paese. Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che per storia e loro stessa natura ”fascisti” non sono mai stati, erano le vittime predestinate di questo luogo comune dominante: stragismo uguale fascismo”.

Strage di Bologna 40 anni dopo: Sergio D’Elia convinto dell’innocenza di Mambro e Fioravanti

”Aggiungo che, non per conoscenza diretta dei fatti e degli atti processuali, ma per conoscenza diretta del vissuto dei loro ultimi 30 anni, ho maturato da tempo il libero convincimento, l’assoluta convinzione della loro innocenza. Quando sono usciti dopo due decenni di pena espiata, come Nessuno tocchi Caino abbiamo decisi di accoglierli, perché doppiamente innocenti, non solo diversi dal tempo del delitto, ma anche estranei al più grave dei delitti”.

“Sono testimone – aggiunge – del fatto che Marco Pannella diceva che avrebbe affidato loro l’educazione dei suoi figli. Per loro, militanti ”fascisti”, era nato un comitato composto per lo più da ”antifascisti” militanti che si chiamava ”E se fossero innocenti?”. Dopo vent’anni, non credo vi sia un solo promotore di quel comitato ”di sinistra”, un solo rappresentante delle istituzioni di questo Paese che, in scienza o coscienza, non abbia superato la cautela del dubitativo e dell’interrogativo posti all’origine e alla fine del nome di quel comitato”.

“Le vittime della strage di Bologna vanno onorate innanzitutto del dovere più sacro che va reso loro, quello della ricerca della verità. Continuare a dare in pasto all’opinione pubblica colpevoli per convenzione, di comodo o di copertura, sarebbe la violazione più grave dei loro diritti, un alto tradimento della loro memoria”, conclude D’Elia. >> Tutte le notizie di politica italiana

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