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L’APPROFONDIMENTO – Terza guerra mondiale, fantascienza o scenario possibile?

04/03/2020 19:16 - Aggiornamento 19/02/2024 13:29

La recente uccisione del Generale iraniano Soleimani e le conseguenti reazioni hanno fatto aumentare lo spettro di una nuova guerra in Medio Oriente. Considerate le dimensioni e la potenza dell’Iran, la mancanza di freni degli USA e l’aggressiva diplomazia di Turchia e Russia, si è addirittura parlato di un’intensificazione di questo conflitto verso una guerra regionale oppure mondiale.

Trump Groenlandia

A nostro avviso il conflitto USA-Iran è una scaramuccia, uno spettacolo di poco conto. È comunque possibile che nei prossimi decenni si affronti una guerra mondiale. Ad ogni modo, dovesse esserci una guerra, essa sarebbe condotta soprattutto dagli Stati Uniti e i suoi alleati da una parte, e da un nuovo blocco di paesi che si sta rapidamente formando attorno alla Cina, dall’altra. Uno sguardo a due numeri – Prodotto Interno Lordo e spesa militare – suggerisce che si tratta di uno scenario spaventoso ma credibile.

 

Primo, diamo un’occhiata al PIL. La guerra è un affare costoso e richiede immense risorse. Fino a tempi recenti la potenza economica degli USA ha non soltanto permesso di vincere due guerre mondiali, ma anche ridotto l’URSS in ginocchio. Tuttavia, l’equilibrio economico del potere mondiale è cambiato a rotta di collo negli ultimi decenni. La dominazione economica degli USA è stata sfidata con successo dalla rapida crescita economica della Cina. Il PIL della Cina ammonta attualmente a 15,3 trilioni di dollari USA, comparati ai circa 22,3 degli USA (dati del FMI). Tuttavia, queste cifre non tengono conto del fatto che il costo della vita in Cina è molto più basso che negli USA. Se effettuiamo una correzione sul differenziale del potere d’acquisto, il PIL della Cina è molto probabilmente superiore a quello degli USA di un 20 – 30 %. Altri paesi sono molto indietro rispetto a Cina e USA. Il Giappone è terzo al mondo con un PIL di 5,4 trilioni, seguito dalla Germania con circa 5 trilioni, e Francia, India e Regno Unito con circa 3 trilioni di dollari USA.

La Russia, nonostante l’atteggiarsi di Putin, appare un nano rispetto a Cina e USA con un PIL di soli 1,3 trilioni di dollari. Secondo, diamo uno sguardo alla spesa militare. Prendendo i dati dell’Istituto Internazionale della ricerca sulla pace di Stoccolma, gli USA risultano in cima alla classifica delle spese militari con un’enorme cifra di 650 miliardi di dollari all’anno. Ciò corrisponde all’incirca a un terzo dell’intero PIL dell’Italia! Ancora una volta, l’unico paese che si avvicina è la Cina con spese di 250 miliardi di dollari.

Se applichiamo correttivi per costi inferiori, in particolar modo per il personale, le spese militari cinesi potrebbero corrispondere a circa due terzi di quelle statunitensi. Il prossimo gruppo di nazioni in termini di spese militari è formato da Arabia Saudita, India e Francia (circa 65 miliardi di dollari americani) seguiti dalla Russia con 61 miliardi.

Avere la capacità e la possibilità di intraprendere una guerra non significa necessariamente, però, che ve ne sarà una. Durante la Guerra Fredda, gli Usa e l’URSS arrivarono diverse volte molto vicini al conflitto armato, ma non oltrepassarono mai la soglia. Forse perché il ricordo della Seconda Guerra Mondiale e del potenziale distruttivo delle armi atomiche era ancora vivido; oppure perché entrambi accettarono le sfere di influenza dell’altro. Qualunque sia la ragione, queste due Superpotenze trovarono modo di competere, senza mai entrare formalmente in guerra. Oggi tali ricordi sembrano sbiadire, e gli Stati Uniti appaiono sempre più disposti ad entrare in guerra per difendere i propri interessi – in Afghanistan, in Iraq, in Siria e può darsi un domani in Iran. Si stanno comportando sempre più come se fossero l’unica superpotenza globale. Anche nelle proprie dispute commerciali con la Cina, e altri paesi, gli USA si atteggiano come se il mondo avesse bisogno di loro più di quanto sia vero il contrario.

La tendenza generale sembra essere quella di accettare il fatto che ci troviamo, ancora una volta, in un mondo bipolare e che gli Stati Uniti dovranno impegnarsi in uno scontro con la Cina come avversario paritario. Prima o poi ci sarà uno scontro con una Cina sempre più assertiva e preparata, molto probabilmente ciò avverrà per il controllo delle risorse in Medioriente o in Africa.

Da che parte si schiereranno gli altri paesi, se mai si arriverà a una guerra tra Cina e USA?

Chiaramente, gli alleati di vecchia data come Arabia Saudita e Regno Unito staranno dalla parte degli USA. Così pure l’India, poiché una Cina troppo forte minaccerebbe la sua posizione strategica nell’Asia meridionale. Forse la Russia e i suoi alleati troverebbero meglio schierarsi con la Cina ed espandere la loro influenza sull’Europa.

Cosa vorrebbe dire tutto ciò per quest’ultima? E per l’Italia? L’Europa occidentale, riunita in gran parte nell’Unione Europea, vanta un legame di amicizia storico con gli USA, a partire dal secondo dopoguerra, e uno stretto legame non solo economico, ma anche militare, essendo molti suoi membri vecchi e nuovi – come la Polonia – legati dal Patto Atlantico. Ciò comporterebbe un suo scontato schieramento al fianco degli USA, ma l’intensificarsi degli scambi economici e commerciali con l’Est, in particolare con la Russia – ma anche la Cina – hanno sempre più spesso messo l’Unione in conflitto con lo storico alleato, soprattutto con l’avvento alla Casa Bianca di Donald Trump. Il quale, con la sua disputa commerciale contro il gigante asiatico, ha dato il via alla deleteria politica dei dazi imposti a mezzo mondo, UE e Italia comprese, con pesanti ripercussioni sulla bilancia commerciale e sui rapporti politici bilaterali.

Non solo. Molti esponenti politici sovranisti, sia europei sia italiani, guardano sempre più spesso alla Russia di Putin come a un potenziale alleato, mettendo così in difficoltà i propri rapporti con quello storico, che non ha alcuna intenzione di cedere il passo a favore del nuovo Zar e del suo potenziale alleato cinese. Potrebbe l’Italia, con il suo proverbiale equilibrismo politico, contribuire a costruire una politica estera europea indipendente e alterativa a quella dei due blocchi che si stanno lentamente configurando sulla scena mondiale? Molto difficile se non improbabile, stante l’attuale situazione politico-economica nostrana che vede l’assenza di una classe politica all’altezza dei grandi problemi nazionali, figurarsi a livello internazionale. Intanto, l’Unione Europea da tempo mostra timidi tentativi di affrancarsi dalla dipendenza militare nei confronti degli USA – l’ombrello protettivo della NATO – immaginando la futura costituzione di una forza di difesa europea.

Gli autori

Daud Khan vive tra Pakistan e Italia. Ha studiato alla London School of Economics, l’università di Oxford e all’ Imperial College of Science and Technology di Londra. Ha lavorato per 25 anni alla FAO.

Marcello Caruso è uno scrittore e giornalista indipendente che vive in provincia di Latina.