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In Toscana i medici di base stanno vaccinando gli over 80: chiamata a casa e puntura in ambulatorio

26/02/2021 12:42 - Aggiornamento 26/02/2021 13:04

In Toscana, la distribuzione dei vaccini procede, come in tutta Italia, a passo lento a causa della disponibilità limitata delle dosi. Ma qui, la Regione si è portata avanti: già da venerdì 29 febbraio è partito il piano vaccinale che prevede l’inoculazione dei vaccini agli ultraottantenni nell’ambulatorio del medico di base. Quasi unanime la partecipazione dei medici di base: “La Regione scommette su di noi”.

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vaccino covid

Vaccini in Toscana

In Toscana, i medici di medicina generale stanno fissando gli appuntamenti con i propri assistiti ultraottantenni per le vaccinazioni della prossima settimana. Il 22 febbraio è stato siglato a livello nazionale il protocollo di intesa per definire le modalità di vaccinazione degli over 80 negli studi dei medici di medicina generale. In Toscana però hanno accelerato i tempi e già venerdì 19 è partito il piano vaccinale regionale. Niente numeri verdi, niente prenotazioni online: sono i medici a contattare telefonicamente i propri pazienti per fissare un appuntamento per l’inoculazione del siero.

Ilaria Capua

Dosi limitate

Il piano è partito con 6 vaccinazioni settimanali per ciascun medico di base, ma a partire dalla prossima settimana le dosi a disposizione sono aumentate a 18 a settimana. Certo, la partecipazione dei medici di base avrebbe effetti molto più rilevanti se le dosi a disposizione per gli over 80 fossero di più. “La lentezza è dovuta alla mancanza di vaccini più che questioni logistiche – spiega Alessio Nastruzzi della Federazione italiana medici di medicina generale della Toscana a Il Fatto Quotidiano – speriamo al più presto di potere accelerare”. Con l’ultima fornitura da parte di Pfizer-BioNTech sono state messe a disposizione circa 30mila dosi di vaccino per la vaccinazione degli anziani ultraottantenni. Le persone da vaccinare in Toscana sono 325mila. Le chiamate avvengono in ordine di età, ma i medici possono decidere di dare priorità ad alcuni pazienti tenendo conto di patologie pregresse o fragilità. 

L’unica voce fuori dal coro è quella di Nicola Marini dello Smi, unico dei quattro sindacati di categoria a non aver firmato il protocollo regionale. “Riteniamo che per ragioni di spazi, funzionalità e velocità sarebbe stato meglio optare per degli ‘hub’, tuttavia i nostri 600 associati non si tireranno indietro, nella speranza che in una seconda fase si possano apportare miglioramenti a una logistica che riteniamo deficitaria”. >>Tutte le news