Una notte magica quella del 10 agosto, in cui si possono ammirare le stelle cadenti. Una notte di angoscia per il poeta romagnolo Giovanni Pascoli, che fu devastato il 10 agosto di 154 anni fa da un lutto devastante che lo colpì profondamente.
Cosa successe il 10 agosto 1867
Figlio di Ruggero Pascoli e Caterina Vincenzi Alloccatelli, Giovanni nasce a San Mauro di Romagna, un piccolo comune nella provincia di Forlì-Cesena che oggi ha preso il nome del poeta: San Mauro Pascoli. Ruggero e Caterina hanno dieci figli, due femmine muoiono precocemente. Giovanni, detto affettuosamente “Zvani”, il poeta, è il quarto figlio. La mattina del 10 agosto di 154 anni successe una tragedia che influenzò la vita e la poesia del poeta. Il padre Ruggero fu assassinato, l’aggressore gli sparò un colpo di fucile a bordo della strada. L’uomo si trovava sul calesse: si stava recando alla stazione di Cesena per accogliere un incaricato dei principi Torlonia. Dopo quell’episodio la vita di Pascoli diventò complicata. Oltre alle difficoltà economiche che dovette affrontare la sua famiglia entro breve perse la madre e tre fratelli.
Le indagini sulla morte di Ruggero non ebbero mai i risultati sperati: non si individuarono mai né gli assassini né gli eventuali mandanti. Il padre di Giovanni però era un uomo d’affari ben conosciuto nella zona: tutti sospettarono che il motivo dell’assassinio fu di tipo politico. Tra i primi a sospettare che l’assassinio fu compiuto per motivi economici fu il poeta, che lo scrisse in una sua lettera del 1912: “il perché del delitto [stava] nella bramosia di succedergli e diventare ricco, dove a Ruggero Pascoli bastava restar galantuomo”. Nel 1855 Ruggero sostituì lo zio Giovanni nell’amministrazione della tenuta “La Torre” e in molti pensarono che era proprio quell’incarico a fare gola ai rivali.
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Giovanni Pascoli 10 agosto: il significato della poesia
Giovanni Pascoli scrisse il 10 agosto, una poesia dedicata a San Lorenzo, nella notte più triste e dolorosa della sua vita.
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce,
che tende quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito,
addita le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
Il poeta esprime tutto il suo sconforto: come ogni anno nella notte di San Lorenzo il cielo, pieno di stelle, si illumina. Ma quella terribile notte del 1867 per lui fu la più buia di sempre. Pascoli utilizza una metafora struggente: paragona la sua famiglia a quella di una rondine. I “rondinini” aspettano invano il ritorno della madre. La rondine però non tornerà mai e gli uccellini sono destinati alla carestia. E come le rondini la famiglia Pascoli perde il il padre, l’onore e la possibilità di una vita serena e agiata.>>Tutte le notizie