«Mi raccomando, non avere paura, so che sei un fifone», queste le ultime parole che Orietta è riuscita a sussurrare al papà 80enne prima che i sanitari lo portassero via su una barella. Poi più nulla, né una carezza né un messaggio di conforto. Il suo adorato padre ha chiuso gli occhi per sempre e per lui non c’è stato neanche un funerale. Solo una cassa di legno chiusa al cimitero cinque giorni dopo il decesso e la benedizione del parrocco e la tumulazione della salma accanto a quella della moglie morta da tempo. Monica Serra de ‘Il Mattino di Padova’ ha voluto raccontare l’urlo di dolore, comune a quello di tanti altri, di Orietta che in tempi difficili, come quelli che stiamo vivendo, ha dovuto sotterrare un pezzo del suo cuore.
80enne morto in ospedale: «Per papà niente terapia intensiva. L’ho visto in barella, poi al cimitero»
Il padre di Orietta si chiamava Dino. Si è spento nell’ospedale di Crema, lunedì 2 marzo 2020, probabilmente senza avere avuto accesso alla terapia intensiva. «A oggi non lo so ma non credo che sia neppure arrivato in quel reparto. So solo che, quando ho chiamato domenica, mi ha risposto un medico che era molto preso. Mi ha detto: “Signora, deve capire, noi siamo nella m… Il papà è intubato e sedato in sala operatoria, in attesa che si liberi un posto in terapia intensiva”. L’ho pregato di darmi qualche notizia. Erano le 3 del pomeriggio e il papà è morto alle 8 e mezzo di sera. Nessuno mi ha detto nulla, non so ancora che cosa sia successo», ha chiarito la donna. L’ha saputo l’indomani del decesso: «Il giorno dopo si è presentato a casa il maresciallo dei carabinieri. Non so dire che cosa ho provato quando l’ho visto: avevo già capito».
«Mio padre non ha mai avuto i sintomi del coronavirus»
Orietta ha voluto specificare nell’intervista: «Mio padre non ha mai avuto i sintomi del coronavirus. Martedì 25 febbraio è caduto in casa. Mi ha detto che aveva avuto un giramento di testa. E anche nei giorni successivi diceva di sentirsi stanco. Così venerdì ho chiamato il medico per un controllo. È stato lui ad accorgersi che aveva un focolaio al polmone e ha chiesto l’intervento di un’ambulanza. Ha chiamato quattro ospedali, ma erano tutti al collasso. Alla fine ha trovato posto a Crema: erano le 5 del pomeriggio di venerdì 28 febbraio». Il papà Dino non aveva gravi problemi di salute: «Ma no, era un uomo in forma. Aveva 80 anni, ma sembrava uno di 60. Faceva le sue cose: il bar, gli amici, a Castiglione tutti gli volevano bene. Era il classico uomo col cappello in testa, che quando te lo trovi davanti in macchina ti arrabbi un po’ perché va a 30 all’ora, ma era lucidissimo. Prendeva le pastiglie per la pressione e niente più». Tra le righe si percepisce la rabbia di questa signora che non ha potuto salutare suo padre come avrebbe voluto: «Si, mio papà se n’è andato e non gli ho potuto dire “ti voglio bene”. L’ho visto uscire su una barella e poi in una cassa chiusa al cimitero. Non gli è stato concesso un funerale. Due parole rapide del parroco e via, tumulato sotto quattro pietre».
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