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Coronavirus, medico di Bergamo: «Costretti a scegliere chi salvare, come in guerra. State a casa»

09/03/2020 16:24

Coronavirus Italia. Su Il Corriere della sera è stata pubblicata poco fa un’intervista agghiacciante che Christian Salaroli, 48 anni, anestesista rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha rilasciato al giornalista Marco Imarisio. «Si decide per età, e per condizioni di salute. Come in tutte le situazioni di guerra. Siamo obbligati a farlo. Nel giro di un paio di giorni, al massimo. La ventilazione non invasiva è solo una fase di passaggio. Siccome purtroppo c’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, e gli ammalati critici, non tutti vengono intubati», ha raccontato il medico che come tanti sta facendo i conti col Covid-19.

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Coronavirus, medico di Bergamo: «Costretti a scegliere chi salvare, come in guerra. State a casa»

Una situazione difficile da gestire, quasi apocalittica. Non esiste alcuna regola scritta, sta ai medici capire chi ha più possibilità di sopravvivere: «Per consuetudine, anche se mi rendo conto che è una brutta parola, si valutano con molta attenzione i pazienti con gravi patologie cardiorespiratorie, e le persone con problemi gravi alle coronarie, perché tollerano male l’ipossia acuta e hanno poche probabilità di sopravvivere alla fase critica». Un fattore decisivo è l’età: «Se una persona tra gli 80 e i 95 anni ha una grave insufficienza respiratoria, verosimilmente non procedi. Se ha una insufficienza multi organica di più di tre organi vitali, significa che ha un tasso di mortalità del cento per cento. Ormai è andato. Lo lasciate andare? Anche questa è una frase terribile. Ma purtroppo è vera. Non siamo in condizione di tentare quelli che si chiamano miracoli. È la realtà!», ha spiegato l’anestesista rianimatore Christian Salaroli.

«Tanti miei colleghi stanno accusando questa situazione. Non è solo il carico di lavoro, ma quello emotivo»

Parole quelle del medico che fanno capire quanto sia necessario in queste ore evitare spostamenti il più possibile. Restare a casa resta l’unica arma di difesa: «Tanti miei colleghi stanno accusando questa situazione. Non è solo il carico di lavoro, ma quello emotivo, che è devastante. Ho visto piangere infermieri con trent’anni di esperienza alle spalle, Gente che ha crisi di nervi e all’improvviso trema. Voi non sapete cosa sta succedendo negli ospedali», ha concluso Salaroli.

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