Scampia, situata a nord di Napoli con una popolazione di circa 50.000 abitanti, è un luogo che, nell’immaginario collettivo, evoca povertà, degrado e criminalità. Un’immagine basata su anni di cronaca legata agli affari sporchi, agli arresti ed alle vere e proprie guerre tra bande-criminali organizzate. Un’immagine rinforzata inoltre da film e serie TV, ma anche dai vari documentari che ne mettono a fuoco i problemi e le difficoltà.
Ma Scampia è sempre stata più complessa di quello che tanti pensano. Già dall’inizio, negli anni Sessanta, la zona è stata divisa tra i “parchi” e le case popolari, chiamate “ex-167” – nome legato alla legge che ne prevedeva la costruzione. I parchi sono complessi residenziali privati, recintati, con portiere e giardini. Ci sono problemi di servizi sociali e commerciali; di lavoro; di isolamento socio-culturale; di violenza domestica. Ma sono molto simili a tante altre zone suburbane italiane e, nonostante tutto, restano ancora nel limite del sopportabile.
Invece, con le case ex-167, tra queste il complesso di sette edifici denominato “Le Vele di Scampia” per il loro design molto caratteristico, escono subito problemi ben più gravi. La qualità di costruzione è pessima; i servizi tra cui i negozi, bar e luoghi di aggregazione non vengono realizzati; le strade a scorrimento veloce dividono i blocchi abitativi uno dall’altro creando piccoli ghetti; e mancano tutte le opere di urbanizzazione: l’elettricità, l’acqua, il riscaldamento, e le fogne. Così, tra il disagio abitativo, la mancanza di lavoro, la povertà e la forte carenza di mezzi di trasporto pubblici si crea un’ implosione socio-economico. Il risultato è che lo stato e le istituzioni sono percepiti molto lontani dalla vita quotidiana, e l’illegalità viene accettata come provvisoria forma di stabilità. La mala gestione e la criminalità affondano nel quotidiano. Scampia diventa il più grande mercato di droga d’Europa.
Un’altra realtà di grande disagio che prende piede a Scampia sono i campi Rom. Un’enorme baraccopoli senza nessun tipo di servizio, dove la spazzatura si accumula sui lati delle strade e la gente vive in case improvvisate o in roulotte. I loro occupanti vivono in mezzo all’ immondizia, senza acqua, riscaldamento e servizi igienici. Molti di questi ROM hanno origini in ex-Yugoslavia. Sempre più giovani sono nati in Italia ma non sono riconosciuti come cittadini italiani. Scollati da ogni contesto socio-economico, senza lavoro e prospettive, molti si danno alla piccola criminalità.
Oggi le cose stanno cambiando per il meglio. Grazie ad anni di lavoro per combattere la criminalità e il degrado da parte del Comune, le forze dell’ordine, i servizi sociali, le associazioni e soprattutto dei volontari, la situazione è in netto miglioramento. È in questa realtà italiana che abbiamo incontrato alcune delle tante donne che lavorano per il miglioramento della zona. Le abbiamo chiamate le “eroine” di Scampia. Per la loro privacy, useremo nomi fittizi: A, B e C.
“A” si occupa di donne che hanno subito violenza domestica. Collabora con Polizia e Carabinieri ed è in prima fila per assicurare spazi sicuri per le vittime. Per dare loro la possibilità di parlare, sfogarsi, denunciare e difendersi, dedica il suo tempo alla gestione di strutture di protezione per offrire un aiuto e affrontare situazioni di pericolo.
“B” è un’ insegnante di cucito che offre corsi legati alla moda e all’abbigliamento. Tra i suoi allievi incontriamo figli di italiani e ROM, ma queste non sono le uniche due realtà.
C’è un avvocato, figlia di operai, la quale, nella facoltà di giurisprudenza, ha affrontato il disagio di dover nascondere le sue origini di fronte a figli di avvocati e di giudici. Non ha terminato gli studi ed ha seguito la strada del volontariato. Lì, si è resa conto che “era presente una grande fame di giustizia e riscatto tra le persone più deboli e più povere”. Ha quindi completato gli studi universitari e da 10 anni offre sostegno ed aiuto alle persone più disagiate lavorando da una capanna in mezzo alla baraccopoli. Ora gestisce uno spazio polifunzionale dove lavorano Italiani e ROM. Qui viene offerto cibo preso da varie culture culinarie e vengono organizzati eventi come ricorrenze, anniversari e compleanni. Questo luogo è stato svaligiato più volte in pochi anni, ma è tuttora vivo e funzionante.
Queste donne, e molte altre con loro, sono le colonne portanti per il cambiamento di Scampia. La politica e le istituzioni stanno chiaramente facendo la loro parte per trasformare in meglio questa zona. Tra le azioni più visibili c’è l’ abbattimento delle Vele, simbolo di degrado e criminalità. Ma è grazie a questi esempi di donne coraggiose che questo processo di restaurazione del normale vivere sta diventando inarrestabile. Viva le donne di Scampia!
Gli autori
Daud Khan vive tra Pakistan e Italia. Ha studiato alla London School of Economics, l’ università di Oxford e all’ Imperial College of Science and Technology di Londra. Ha lavorato per 25 anni alla FAO.
Sofia Lombardi ha 11 anni e frequenta una scuola media nella provincia di Latina.
L’articolo è frutto della una visita a Scampia fatta su richiesta di Sofia a dicembre 2019. Le interviste sono state fatte da Sofia e Daud.