Lo abbiamo visto protagonista di commedie brillanti come Ace Ventura – L’acchiappanimali, The Mass – Da zero a mito, Scemo & più scemo, Il Grinch e Una settimana da Dio, ma anche in film drammatici quali The Truman Show, Man On the Moon e A Christimas Carol. Stiamo parlando di Jim Carrey, versatile attore canadese naturalizzato statunitense, che ha raccontato a Il Corriere della Sera la sua lunga battaglia contro la depressione, in cui è piombato nel 2015, grossomodo quando la compagna Cathriona White, truccatrice irlandese, si è tolta la vita con un’overdose di medicine appena cinque giorni dopo essere stata lasciata dal divo. Nel corso dell’intervista il 57enne, che non ha fatto mai mistero della malattia, a cuore aperto ha parlato delle sue debolezze e di come sia riuscito oggi ad accettarle, a controllare l’ansia che lo ha stretto a lungo come in una morsa: «Ne ho sofferto per anni e sono sempre stato onesto perché non è più la mia compagna costante, come un tempo. Ora non mi sento più affogare perché mi sono reso conto che è come la pioggia, ti bagna, certo, ma non si posa abbastanza da sommergermi».
Jim Carrey malattia: «Oggi non mi sento più affogare per la depressione»
Durante la chiacchierata a Il Corriere della sera Jim Carrey ha spiegato di essere più conscio della realtà che gli sta attorno. La depressione gli ha dato un grande insegnamento: «Che ora a volte sono felice e a volte no, ma sarebbe un’aspettativa ridicola pensare di essere in uno stato di grazia continua. La consapevolezza mi ha permesso di schermarmi dalla delusione. Perché la vita è un’altalena tra la gioia e la tristezza e a volte bisogna affrontarle con la convinzione che gli stati d’animo spesso derivano dalle circostanze esterne e non li puoi controllare». La sua condizione di disagio è nata perlopiù da speranze disattese: «Quasi una conseguenza del non sentirsi abbastanza soddisfatto e del desiderare sempre altro. Se puoi avere tutto e continuare a pensare che non sia sufficiente allora capisci che non sono i traguardi falliti a determinare il tuo stato d’animo. Il problema sta proprio nel lasciare che sia l’esterno a definirti, mentre dovresti essere tu. La strada verso l’accettazione è complicatissima».
«Ci sono momenti luminosi e altri bui, ma ho cercato di scrollarmi di dosso l’idea che ruoti tutto attorno a me…»
Un cammino difficile: «Gli errori rimangono addosso più dei successi e te li porti dietro come un peso perché focalizzi l’attenzione solo su quello, senza vedere il resto. Sto cercando di raggiungere la serenità verso tutto quello che è successo, dai picchi di fama ai punti più bassi della carriera. Se guardo indietro vedo anche tante soddisfazioni legate all’affetto del pubblico, soprattutto nei confronti di scelte azzardate che avrebbero potuto affossarmi», ha affermato il popolare attore, che ha superato così l’ansia da prestazione: «Ci sono momenti luminosi e altri bui, ma ho cercato di scrollarmi di dosso l’idea che ruoti tutto attorno a me e ai miei desideri. L’ansia quando squilla il telefono c’è sempre e anche la paura di finire per strada come un senzatetto, con nient’altro che un cartone». Allo stesso modo il timore di non essere abbastanza: «Aver cambiato punto di vista mi ha insegnato a tenermi stretto il momento e contemporaneamente mi ha reso libero dallo stress del mondo dello spettacolo e dalla paura che il pubblico si dimentichi di me. Ora me ne frego di quello che la gente penserà dopo la mia morte, m’impegno solo ad essere un canale di trasmissione di buone energie. Voglio lasciare una traccia (…). Vorrei che di me vivesse il bene che ho fatto. Non sono perfetto, ho deluso e sono stato deluso, e probabilmente succederà ancora ma sono curioso di scoprire cosa mi aspetta dopo e voglio credere che sarà stupendo», ha concluso Jim Carrey.