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Achille Lauro Sanremo 2020, famiglia e falsi miti: «Con i primi soldi ho ricomprato i gioielli di mia nonna»

15/02/2020 11:57 - Aggiornamento 15/02/2020 12:01

Aldo Cazzullo ha intervistato per Il Corriere della sera quello che è stato senza dubbio uno dei protagonisti della 70esima edizione del Festival di Sanremo 2020: Achille Lauro. I travestimenti, le provocazioni e l’aria da ‘poeta maledetto’: un mondo che affascina e al contempo respinge. «Sul palco ho usato il mio corpo come una tavolozza», ha detto il 29enne, che ha chiarito: «Quel palco è talmente importante che mi pareva giusto usarlo. Volevo portare una canzone che fosse anche un’opera teatrale, un live in quattro minuti. Non volevo solo farla ascoltare, ma farla vedere». All’Ariston è stato San Francesco, David Bowie, la marchesa Casati Stampa, la regina Elisabetta I.

Achille Lauro Sanremo 2020, famiglia e falsi miti: «Con i primi soldi ho ricomprato i gioielli di mia nonna»

Achille Lauro ha voluto spendere qualche parola sul titolo del brano portato al Festival ‘Me ne frego’, che nulla ha che fare col fascismo: «Ma la canzone non c’entra con la politica. Non significa “non mi interessa”, significa facciamolo, viviamolo. È il racconto di una relazione d’amore, e dell’evoluzione di un personaggio. San Francesco ha rinunciato alla ricchezza per vivere una vita povera e libera…». Tra i momenti «più fighi» della 70esima edizione del Festival Achille Lauro mette l’omaggio dei Pinguini tattici nucleari che nella serata delle cover hanno scelto di interpretare la sua «Rolls Royce», ma soprattutto «Morgan che improvvisa il testo: “La tua brutta figura di ieri sera…”». Con questi il giovane si trovato a duettare proprio all’Ariston nel 2019. Un’esperienza che ha ricordato così: «Non è stato facile: non avevamo provato, ci siamo scambiati gli interventi, ognuno ha cantato un pezzo dell’altro, la canzone si è composta come una jam-session… Morgan è un grande artista, ha grande cultura musicale».

Achille Lauro

«Mio padre si chiama Nicola De Marinis, è stato professore universitario e avvocato. Mio nonno prefetto di Perugia. L’altro ha combattuto nella seconda guerra mondiale»

Poi si è passati a parlare della sua famiglia«Non mi è mai mancato nulla. Mio padre si chiama Nicola De Marinis, è stato professore universitario e avvocato, ha scritto quattro libri, per meriti insigni è diventato consigliere della Corte di Cassazione. Nonno Federico era prefetto di Perugia, l’altro nonno ha combattuto nella seconda guerra mondiale: si chiamava Archimede Lauro Zambon. Sono nato a Verona perché lì abitava la famiglia di mia mamma, Cristina, originaria di Rovigo, ma sono cresciuto a Roma». Il suo primo ricordo ha a che fare proprio con la sua passione«La musica. Papà che in macchina canta Una carezza in un pugno: “A mezzanotte sai che io ti penserò, ovunque tu sarai sei mia…”. Mia cugina Giulia, lei 15 anni io cinque, che ascolta Back for good dei Take That. E Anna Oxa con i pantaloni bassi e i capelli piastrati che a Sanremo cantaSenza pietà. Per il festival la famiglia si riuniva davanti alla tv, come a Natale». La rottura dell’equilibrio famigliare lo ha segnato: «Ci fu una crisi. Però mamma per noi c’è sempre stata. Con mio fratello Federico, che ha cinque anni più di me, andai a vivere in una comune, a Val Melaina, Montesacro. Il collettivo si chiamava Quarto Blocco, c’erano altri venti ragazzi: chi scriveva, chi dipingeva, chi incideva musica a torso nudo… Così ho iniziato a scrivere, disegnare, incidere. Ora anche a dipingere».

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Achille Lauro: «Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo»

Sulle tante voci che girano su di lui Achille Lauro ha chiosato così: «Su di me circola una leggenda nera, inventata da gente che ha interpretato alla lettera il mio primo libro, Sono io Amleto, che in realtà è una biografia romanzata. Ne sto scrivendo un altro, La storia di una notte, in cui sono innamorato di un ricordo. Non si è mai innamorati di quel che si ha; si è sempre innamorati di quel che non si ha più». La verità però è un’altra e ad Aldo Cazzullo il cantante ha voluto raccontarla: «Nelle periferie la droga esiste. Far finta che non esista è più sbagliato che parlarne. È una piaga sociale che non va nascosta: ne va dato un giudizio negativo. Non posso dire che queste cose non le ho mai viste; al contrario, le conosco, e cerco di aiutare le persone a non distruggere la loro vita. Vengono a intervistarmi e poi scrivono “Lauro spaccia”, al presente, “Lauro ruba”, al presente. Sono cresciuto in un ambiente difficile, in mezzo a persone problematiche. Ma Sanremo è il frutto di quindici anni di impegno. Se avessi buttato il tempo in queste sciocchezze non sarei qui. Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo: prima capisci quello che vuoi fare, prima arrivi al successo. E il successo non è la fama; è la riuscita del proprio percorso».

Achille Lauro

«Per anni non ho dormito, per creare tutto questo. Proprio quando ero stanco, a un certo punto tutto si è messo a posto…»

Sul finale Achille Lauro si è aperto: «Ho visto per tutta la vita i miei farsi il c**o e non riuscire, mio padre spaccarsi la schiena senza avere quello che gli spettava, mia madre fare lavoretti saltuari umilianti. Da questo è nata la mia ambizione. Ho suonato davanti a tre persone. Ho pagato di tasca mia la sala del primo concerto, 300 euro per lo Zoobar di Roma. Per anni non ho dormito, per creare tutto questo. Proprio quando ero stanco, a un certo punto tutto si è messo a posto, sia la mia vita sia quella dei miei». Con i primi soldi guadagnati sapeva bene cosa comprare: «I gioielli di nonna Flavia. Li ho riscattati dal monte dei pegni». Un gesto d’amore, di generosità.

Achille Lauro

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(Foto Instagram Profilo Ufficiale Achille Lauro)

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