La situazione del Coronavirus in Italia si va ad aggravare ora dopo ora. Le vittime sono arrivate a quota quattro e il paziente “zero” non è stato ancora individuato. Le forze dell’ordine e il mondo della sanità in generale stanno collaborando per riuscire a bloccare la diffusione del virus e di limitare i contagi il più possibile. Un lavoro davvero molto difficile, che grazie all’aiuto dei cittadini delle zone del Nord Italia colpite sembra facilitarsi. Roberto, un cittadino di Codogno in Lombardia, uno dei focolai del Coronavirus, si è messo in quarantena volontaria in casa sua. L’uomo ha raccontato e descritto la situazione nel suo paese durante una lunga intervista realizzata dal quotidiano online Open.
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Coronavirus Lombardia, Roberto in quarantena volontaria
Nelle ultime ore in Italia si sta vivendo una situazione paradossale. Sembra essere finiti all’interno di un film post apocalittico. La paura di contrarre il Coronavirus è diventa una realtà da affrontare quotidianamente. Molti paesi del Nord Italia sono stati messi in quarantena per evitare che il virus dilaghi ulteriormente. In Lombardia il Coronavirus ha messo in ginocchio diverse cittadine. Un uomo, residente a Codogno, Roberto ha dichiarato a Open: «Non possiamo uscire dalla nostra città, ci sentiamo un po’ confinati. Io non posso nemmeno andare a lavoro perché la scuola dove insegno è stata chiusa così come ristoranti e bar. Non abbiamo altri passatempi per occupare le nostre giornate».
Una situazione difficile da vivere, ma necessaria
Sempre durante l’intervista ad Open, Roberto ha raccontato anche la situazione nei supermercati: «La città vuota fa un po’ impressione, la gente è preoccupata ed esce meno. Mio padre è andato a cercare un supermercato e da noi, a Codogno, erano tutti chiusi. Così si è recato a Casalpusterlengo, il comune più vicino al nostro, dove ce n’erano tre aperti e in uno di questi facevano entrare a 50 alla volta, creando di fatto una coda all’esterno» Infine, ha raccontato un episodio molto forte: «Una persona di Codogno è stata riconosciuta e così è partito un tafferuglio, una rissa. Si è generata la caccia all’untore. E, invece, dovete sapere che non siamo tutti ammalati, non tutti siamo portatori del virus».