Reddito di cittadinanza ai mafiosi. Purtroppo, nelle pieghe di una normativa fatta male e di controlli non sempre approfonditi, può accadere anche questo. Non è la prima volta che il reddito di cittadinanza finisce sotto accusa per erogazioni che hanno poco a vedere con la giustizia sociale. Un caso esemplare è stato quello della ex brigatista Saraceni. Nelle ultime ore è emersa la vicenda di un boss della ‘Ndrangheta calabrese, già condannato anni fa per associazione mafiosa e di nuovo in carcere da dicembre per una nuova inchiesta sulle cosche.
Il protagonista della vicenda
Succede a Vibo Valentia ed il protagonista di questa vicenda è Enzo Barba. L’uomo, 68 anni, è già stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel 2010 ed ha scontato diversi anni di carcere. E’ poi stato coinvolto in altre inchieste sulla ‘Ndrangheta nel Vibonese fino all’ultima, denominata “Rinascita-Scott” e condotta dalla Dda di Catanzaro, per cui è finito in carcere a dicembre 2019. Barba, meglio noto come ‘U Musichiere”, andrà a processo con altri appartenenti alle cosche, tra cui quella di cui è accusato essere elemento apicale, la “Lo Bianco-Barba”, attiva proprio nel capoluogo vibonese e parte di un sistema criminale articolato.
Reddito di cittadinanza ai mafiosi: com’è possibile che accada
Ma come ha fatto ad ottenere il reddito di cittadinanza un condannato in via definitiva per associazione mafiosa? Barba aveva omesso di comunicare all’Inps di essere stato condannato in via definita per reati che non gli avrebbero consentito di percepirlo. In questo modo l’uomo ha incassato 4.500 euro dal settembre 2019 a gennaio 2020. Dopo l’arresto, con le nuove e gravi accuse a suo carico tutto si è fortunatamente bloccato. Barba è stato denunciato dalla Guardia di Finanza mentre la Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha eseguito un decreto di sequestro preventivo del profitto illecito conseguito a seguito della commissione del reato.
Resta da capire come sia possibile, al di là della dichiarazione fraudolenta dello stesso, come le istituzioni deputate al controllo preventivo delle domande per il reddito di cittadinanza non si siano accorte di nulla. Un controllo sui precedenti penali, essendoci la Guardia di Finanza tra i controllori, dovrebbe essere automatico. Ma il tutto è complicato da un meccanismo farraginoso e dalla cointeressenza di più enti: l’Agenzia delle Entrate, l’Ispettorato nazionale del lavoro, la Guardia di Finanza e le altre autorità di controllo. Insomma tanti controllori cui, purtroppo, nel vortice della burocrazia, possono sfuggire “pagliuzze” come una condanna definitiva per mafia. >> Tutte le notizie dall’Italia