L’Europa teme la seconda ondata di coronavirus. Alcuni Paesi, in particolare Francia, Spagna, Regno Unito e Germania sono già al limite. I contagi sono alti, e il rischio di far collassare gli ospedali e le terapie intensive è reale. La curva sta intimorendo molto i governi, addirittura in Francia si pensa che “le terapie intensive possano essere piene il 10 ottobre”. Tuttavia, questi Paesi rifiutano la possibilità di un nuovo lockdown, nonostante sia stato dimostrato che è l’unico vero metodo per proteggersi quando i numeri crescono velocemente. E invece che trovare una soluzione alternativa, si dedicano alla discussione.
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Coronavirus in Europa, il caso Francia
Si può dire che in Francia le istituzioni non abbiano idea di come affrontare la pandemia. Ieri, a Marsiglia, sono entrate in vigore alcune misure restrittive, come la chiusura di bar e ristoranti. Decisioni che, però, sono state notevolmente criticate. Altre ordinanze più lievi poi sono state imposte in 10 città, compresa Parigi: sono state chiuse le palestre, impediti i raduni pubblici di oltre 10 persone ed è stata pretesa la chiusura dei bar alle ore 22. Tutto questo perché i casi continuano ad aumentare: nelle ultime 24 ore sono stati registrati 4.070 nuovi positivi e 81 decessi.
E sebbene abbiano sempre rifiutato l’idea di un nuovo lockdown, ora potrebbero trovarsi a tornare sui propri passi. Perché è vero che un secondo confinamento, come hanno sottolineato il presidente Emmanuel Macron e il premier Jean Castex, sarebbe catastrofico dal punto di vista economico, sociale ed educativo, ma potrebbe essere anche l’unica soluzione. Castex, infatti, ha dichiarato che che se le persone non inizieranno a comportarsi in modo più responsabile, il Paese potrebbe affrontare lo stesso tipo di crisi che ha costretto al primo blocco a marzo. Anche il ministro della Salute Olivien Véran ha ribadito che il Governo “non vuole chiudere il Paese”, ma “non si possono escludere restrizioni più severe” a livello nazionale.
La Spagna è lo stato con più casi in Europa
C’è poi la Spagna, lo stato che a oggi registra più casi in tutta Europa. In particolare a Madrid, dove sono stati segnalati la metà dei 32mila contagi segnalati negli ultimi tre giorni. Anche qui il governo non sa come comportarsi, e le liti tra quello nazionale e quello regionale lo dimostrano. Le idee continuano a essere poche, confuse e diverse. Secondo il ministro della Salute Salvador Illa, per esempio, l’interna area metropolitana dovrebbe essere sottoposta a misure di restrizione in grado di limitare gli spostamenti per tutti tranne che per i lavoratori, gli studenti e i pazienti. Intanto, continua la divisione della città in zone: solo i 45 quartieri con il tasso di contagio più alto (1000 persone su 100.000 abitanti) vengono parzialmente chiusi, negli altri invece la vita scorre normalmente.
Quello che si sta verificando, però, è uno scontro prettamente politico: da una parte infatti c’è il governo nazionale, di sinistra, e dall’altro quello di centrodestra regionale guidato da Isabel Dìaz Ayuso, che ha sempre condotto la sua battaglia contro il lockdown. Ma questa situazione rischia di non portare a nulla di buono. Di fatto le terapie intensive si stanno di nuovo riempiendo: il 41% dei posti letto è occupato da malati di coronavirus, mentre la media nazionale è pari al 18%. Per questo motivo secondo gli esperti la divisione per zone risulta essere poco efficace. La situazione è tanto critica che si sta valutando addirittura l’ipotesi di togliere l’autonomia alla Catalogna.
Coronavirus in Europa, Merkel presume un aumento dei casi in linea con la Francia
Anche in Germania la situazione è critica. Secondo Angela Merkel, “se i contagi dovessero continuare a salire, entro Natale potremmo avere i numeri della Francia”. In questo territorio, infatti, ci sono già molti focolai. Uno dei più grandi pare sia stato causato da una festa organizzata dalle scuole di Bielefeld, nella Renania Settentrionale: lì 1700 persone sono finite in quarantena. Più in generale, nel mondo la situazione è ancora piuttosto preoccupante. In particolare se si considerano i Paesi più poveri. Uno studio, infatti, ha dimostrato che nei Paesi ricchi vengono effettuati i test 20 volte in più. Per questo motivi l’Oms ha dichiarato che nei prossimi sei mesi invierà 120 milioni di test rapidi ai Paesi poveri.
Una nota positiva, almeno per l’Italia, però c’è: l’agenzia di stampa americana Bloomberg ha affermato: “Mentre la paura di una seconda ondata di coronavirus attanaglia l’Europa, l’Italia sembra cavarsela molto meglio di altri paesi come Francia, Spagna e Regno Unito. Due cose possono aiutare a spiegare la performance dell’Italia nel trattenere, a oggi, una seconda ondata di virus. La prima è l’efficacia del suo sistema di tracciamento nell’identificare e isolare i contatti di coloro che risultano positivi. Inoltre, gli italiani sembrano essere abbastanza bravi nell’indossare le mascherine e nel mantenere le distanze sociali. Bisogna non abbassare la guardia. Per ora, però, i cittadini italiani possono essere orgogliosi del proprio sistema sanitario e di se stessi”. Le stesse cose, alcuni giorni fa, erano state dichiarate anche dall’Oms. >>Tutte le notizie di UrbanPost