Vai al contenuto

Venerdì 13 porta sfortuna? Le origini della superstizione diffusa in molti Paesi

13/11/2020 10:17

Per alcuni, venerdì 13 è solo un venerdì come un altro. Per le persone più superstiziose, è tra i giorni più nefasti dell’anno, e questo si dice in tantissimi Paesi del mondo, soprattutto in Europa e in America. In Tibet, al contrario, il tredici è il numero fortunato per eccellenza. La “triscaidecafobia” ha origini lontanissime, radicate nella mitologia nordica, ma non solo.

>> Perché il 1° novembre si festeggiano Tutti i Santi?

Venerdì 13: la superstizione del numero 13

La prima traccia della superstizione contro il numero 13 si ha nella mitologia nordica. Secondo gli Scandinavi, esistevano 12 divinità celesti, i semidei; poi arrivò il tredicesimo, Loki, un semidio crudele e spietato con gli uomini. Da qui nasce la leggenda del numero 13 che porta sfortuna, in Scandinavia. Ma anche sul Mediterraneo si guardava con sospetto a questa cifra. Nulla numerologia degli Assiro-Babilonesi, il 12 era il numero perfetto, facilmente divisibile. Di conseguenza, il numero immediatamente conseguente andava a rovinare l’equilibrio, aggiudicandosi la fama di numero sfortunato.

Andando avanti nella storia, secondo lo storico greco Diodoro Siculo (I secolo a. C.), Filippo II (IV secolo a. C.), re di Macedonia e padre di Alessandro Magno, fu ucciso dopo aver fatto mettere una propria statua accanto a quelle delle dodici divinità dell’Olimpo. La sua morte sarebbe stata la punizione di questa mancanza di rispetto, portando al 13 lo stigma della sfortuna. Infine, il 13 è considerato nefasto anche perché, nella tradizione cristiana, all’ultima cena, Giuda era il tredicesimo commensale.

Venerdì 13: la superstizione del venerdì

Anche il venerdì ha diverse ragioni per non essere amato, se si guarda alle tradizioni religiose. Secondo la religione cristiana, Gesù fu crocefisso proprio il quinto giorno della settimana. Per i musulmani, invece, il venerdì è infausto perché è il giorno in cui Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito. La distinzione tra dies fasti, ovvero i giorni fortunati, e dies nefasti, i giorni sfortunati, infine, esisteva anche nell’antica Roma. Il venerdì, con poca sorpresa, compariva tra i giorni nefasti, insieme al martedì. Il martedì era “sfortunato” tra i Romani perché dedicato a Marte, dio della discordia. Per il venerdì, si credeva che i figli concepiti in questo giorno avrebbero avuto una vita difficile. Da qui deriva il detto “Né di Venere né di Marte ci si sposa né si parte”.

venerdì 13

Il giorno della superstizione in Italia

Sebbene la fama del venerdì 13 sia arrivata anche in Italia, nello stivale il giorno sfortunato per eccellenza è il venerdì 17. Il 17 non vanta di una buona fama per ragioni storiche, risalenti ai tempi dell’antica Roma. La battaglia di Teutoburgo, combattuta nel 9 d.C., contro i germani, vide la sconfitta fragorosa delle legioni 17,18, e 19. Da quel momento, nella tradizione romana quei numeri furono considerati sinonimo di sventura. Sulle tombe dei defunti poi, spesso si poteva trovare la scritta VIXI: in latino “ho vissuto”, cioè “sono morto”. Quest’ultima è l’anagramma di XVII, 17 in numeri romani. Nella smorfia napoletana, il 17 è sinonimo di disgrazia. Basti pensare che in Italia, il CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze), organizza una giornata nazionale contro la superstizione. L’Italia si distingue quindi dal resto del mondo, che non conosce la superstizione del venerdì 17. Nella cultura spagnola e latinoamericana, il giorno sfortunato per eccellenza è martedì 13. >>Tutte le news di UrbanPost