Operazione Decimabis. Sono 40 le misure cautelari eseguite a Foggia e in altre 15 province del territorio nazionale, dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri, nell’ambito della maxi
operazione antimafia denominata “Decimabis”. Secondo gli inquirenti con gli arresti di oggi è stato smantellato il “sistema” di estorsioni, affari, appalti, complicità e infiltrazioni e della mafia di Foggia, la cosiddetta “Società Foggiana”. (segue dopo la foto)
Operazione Decimabis: tra i 40 arrestati il gotha delle cosche di Foggia
Tra gli arrestati anche un dipendente comunale. Le misure sono state emesse dal Tribunale di Bari su richiesta di un pool di magistrati della procura nazionale antimafia, della Direzione distrettuale antimafia di Bari e della procura della Repubblica di Foggia, nei confronti dei 40 indagati, ritenuti appartenenti o contigui all’organizzazione mafiosa e responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta e traffico di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.
L’operazione Decimabis è la continuazione della precedente operazione antimafia, battezzata “Decima Azione”, svoltasi a novembre 2018, sempre a Foggia, dalle due forze di polizia, nonché la risposta ai violenti attentati in città all’inizio dell’anno, che ebbero ampio risalto. L’inchiesta, spiegano gli inquirenti in una videoconferenza, è stata condotta da una task force composta da investigatori della prima Divisione dello Sco, delle Squadre mobili di Bari e Foggia, nonche’ del Nucleo Investigativo del Comando provinciale carabinieri di Foggia.
L’inchiesta ha ricostruito le dinamiche delle attività criminali delle tre ‘batterie’ che compongono la società foggiana: Moretti-Pellegrino-Lanza, “Sinesi-Francavilla” e “Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe”, da tempo contrapposte, sia pure a fasi alterne, in una sanguinosa guerra di mafia per il conseguimento della leadership interna ed il controllo degli affari illeciti ma, allo stesso tempo, unite nella condivisione degli interessi economico-criminali.
“Pervasiva e sistematica pressione estensiva verso i commercianti di Foggia”
Le indagini hanno goduto anche di dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno documentato come l’organizzazione mafiosa abbia realizzato una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice condiviso, denominato come il “Sistema”. Una cassa comune, per il pagamento degli “stipendi” per i ‘consociati’, nonché al mantenimento dei detenuti e dei loro familiari, anche
attraverso il sostenimento delle spese legali.
Gestione del racket delle estorsioni come la riscossione di una verae e propria ‘tassa di sovranità’, trascrivendo su un libro mastro la lista delle attività commerciali e imprenditoriali estorte, nonché gli stipendi pagati agli associati. ‘Sistema’ che regolava anche le dinamiche interne attraverso il sistematico ricorso alla violenza quale strumento di definizione degli assetti interni e delle gerarchie e anche ha sviluppato, negli ultimi anni, una significativa vocazione imprenditoriale, e un’opera di infiltrazione nel settore amministrativo, orientando il clan mafioso verso un modello di mafia degli affari.
Operazione Decimabis: il dipendente comunale che forniva il numero dei defunti per agevolare le estorsioni alle imprese di pompe funebri
I destinatari delle misure cautelari sono elementi di primo piano, ed in alcuni casi anche figure storiche, della “Societa’ Foggiana”. Tra gli arrestati anche un dipendente del Comune di Foggia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, dato che forniva informazioni ad esponenti della batteria ‘Sinesi-Francavilla’, funzionali alle attività estorsive nei confronti di agenzie funerarie oltre ad un imprenditore locale del settore dell’edilizia, indagato sempre per turbativa d’asta.
L’impiegato comunale forniva il numero aggiornato dei defunti che ogni giorno avvenivano a Foggia. “Grazie a queste informazioni – ha spiegato Giuseppe Gatti, magistrato della direzione nazionale antimafia che ha partecipato alle indagini – la mafia foggiana ha modificato le estorsioni alle imprese di pompe funebri della città. Al principio la mafia chiedeva alle agenzie di pompe funebri 500 euro al mese, mentre poi i mafiosi hanno iniziato a chiedere 50 euro a funerale. Questo sistema, che ha dato molti piu’ soldi, e’ stato possibile grazie a questa gola profonda che dava l’elenco aggiornato dei decessi e, cosi’ nessuna agenzia di pompe funebri poteva sfuggire al monitoraggio della criminalità organizzata di Foggia”. >> Tutte le breaking news