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Intervista a Lorenzo Spurio: «Vi racconto “Le Iguane non mi turbano più” di Dina Bellrham»

17/11/2020 18:30

È uscito in questi giorni, per i tipi di “Le Mezzelane Editore” di Santa Maria Nuova (AN), il libro “Le iguane non mi turbano più”, selezione di poesie di Dina Bellrham, tradotte dal poeta e critico letterario Lorenzo Spurio. L’opera è il frutto di un lavoro di studio, analisi e traduzione dell’opera poetica dell’ecuadoriana Edelina Adriana Beltrán Ramos (1984-2011), che, nel corso della sua breve vita, ha pubblicato le raccolte Con Plexo de Culpa (2008) e La Mujer de Helio (2011). Come si legge dalla quarta di copertina: «La poesia della Bellrham è sospesa tra un fosco presentimento della morte e una tensione amorosa per la vita, la famiglia e la quotidianità dei giorni della quale, pure, non manca di mettere in luce idiosincrasie, violenze e ingiustizie diffuse. La critica ha parlato di una sorta di nuovo Barocco per la sua poesia dove coesistono terminologie specialistiche della Medicina e squarci visionari che fanno pensare al più puro Surrealismo». Noi di “Urbanpost” abbiamo intervistato lo studioso Lorenzo Spurio, che ci ha svelato qualcosa in più sul volume.

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Lorenzo Spurio

Intervista a Lorenzo Spurio: «Come è nato il libro “Le Iguane non mi turbano più”»

D: Come nasce questo progetto? Perché proprio Dina Bellrham? 
R: «Ha una genesi abbastanza recente. Poco prima dell’estate, navigando in rete, mi ero imbattuto in uno dei suoi blog dove pubblicava poesie e pensieri. Rimasi subito attratto da quella sua capacità di dire ed evocare. Tradussi un testo, la poesia “L’insensibile”, che ora figura nel libro. Tengo a precisare che non sono un traduttore professionista, sebbene l’universo linguistico mi abbia sempre attratto e coinvolto e abbia due lauree in Lingue e Letterature Straniere. La traduzione che feci non è stata letterale: avrebbe di certo storpiato i versi di Dina. E non avrebbe dato merito alla sua prolifica e mai prevedibile capacità di suggestionare, finanche di scioccare. Pur rispettando il testo e cercando di valutare per bene le possibilità di scelta, soprattutto nei casi di lemmi plurisenso, ho cercato di concentrarmi per ricreare quel clima nel quale il componimento della poetessa era nato. Ricordo che, una volta pubblicata in Facebook, raccolse grande interesse. In maniera istintiva sviluppai l’idea di tradurre altre sue poesie e mi trovai completamente assorto emotivamente da questo “lavoro”. Ho trovato in seguito un contatto diretto: ho conosciuto la madre, la signora Cecibel Ramos, che ha seguito con attenzione ogni fase dell’elaborazione del progetto editoriale, e la poetessa e critico letterario Siomara España che ne apprezzò sin da subito l’opera sua. 

Lorenzo Spurio
«Attorno al titolo del libro c’è un aneddoto curioso»

D: Il titolo del libro mi ha fatto venire in mente Anna Maria Ortese. Vuoi dirci qualcosa di più?
R: «Attorno al titolo del libro c’è un aneddoto curioso. La madre della poetessa, in una delle sue confidenze, mi ha rivelato che quella – da cui ho tratto il titolo – fu l’ultima poesia che Dina scrisse prima di morire. Il contenuto di questa lirica, nella sua consueta ambiguità e visionarietà, mi è sembrato utile per non affossare il mio lavoro di traduzione con la volontà di non relegarlo nella pura negatività dei contenuti. L’iguana è un animale che non è tipico del nostro ecosistema e del quale poco conosciamo ma che, in quanto rettile, ha una storia millenaria di autodifesa e adattamento. La sua foggia e il suo temperamento creano suggestione mista a timore; è un animale che ha una vista molto sviluppata, che trascorre la gran parte del suo tempo tra i rami. Scende raramente da essi: o per cercare cibo o per deporre le uova. Mi sembra curiosa questa sua caratteristica di vita “sospesa” e prevalentemente “aerea” che, unita proprio alla sua precisione di vista, può esser interpretata come una forma di impiegare uno sguardo attento sul mondo. Una sorta di “vedere non visto”, rabdomantico e in agguato. Anche verso la realtà sociale. Non mancano nell’opera di Dina anche composizioni che prendono a cuore tematiche dal taglio etico-civile.

Lorenzo Spurio traduce una selezione di liriche della poetessa Dina Bellrham

D: Se dovessi stringere in una parola la poetica della Bellrham quale sarebbe? 
R: «Avendo già detto varie cose sulla sua poetica ed essendomi dilungato abbastanza vorrei fornire di seguito alcuni aggettivi che secondo me la descrivono: surreale, barocca, istintiva, psicologica, abissale, chirurgica, intima, emotiva, disagiata. Un’unica parola? Allora, direi febbrile.

D: Pensi esista in letteratura italiana un autore che le rassomigli? 
R: «Non ho mai amato discorsi che provvedono ad istituire confronti. Risultano spesso ridicoli, quando non profondamente soggettivi e, dunque, per lo più inconcludenti. Posso dire però che alcuni sui versi mi hanno fatto pensare a Dino Campana; altri a Corrado Govoni. C’è spesso, infatti, anche una vena crepuscolare, che sfocia non nel vittimismo, ma in una desolata presa di coscienza della realtà. Tuttavia, l’ampiezza dei dilemmi, la confusione spesso pervasiva, le ellissi, le sovrapposizioni e l’utilizzo di terminologie che, accostate, sembrano un’accozzaglia tecnica, fanno pensare più a squarci visionari e, dunque, affini al Surrealismo. C’è anche tutta una componente medico-scientifica (Dina era studentessa di Medicina) che non va dimenticata e che descrive il campo chirurgico, medico e autoptico». 

Lorenzo Spurio «La traduzione delle poesie di Dina è stato un progetto che mi ha molto appassionato e che non considero concluso qui»

D: Parliamo di traduzione, come è stato cimentarsi in un’impresa del genere? 
«La traduzione delle poesie di Dina dallo spagnolo all’italiano non è stato il mio primo esperimento in tal senso. Ho tradotto alcuni racconti di quello che considero uno degli scrittori spagnoli più importanti, Juan José Millas e del peruviano César Vallejo, oltre a delle corrispondenze private tra Federico García Lorca e alcuni suoi coetanei. La traduzione delle poesie di Dina è stato un progetto che mi ha molto appassionato e che non considero concluso qui. La sua ingente opera merita un’attenzione maggiore che non esclude ulteriori analisi e traduzioni da parte mia. Vi è, infatti, un intero libro (La Mujer de Helio), dal quale non ho tradotto per il momento nulla. Si vedrà». 
 
D: Progetti futuri? 
R: «Ve ne sono vari. Dovrebbe uscire nelle prossime settimane un corposo volume per la Bertoni Editore di Perugia che è un meticoloso lavoro di almeno un paio di anni tutto attorno alla figura del poeta e drammaturgo spagnolo Federico García Lorca. Al volume, che si compone di un primo apparato di interventi critici, seguito da poesie di autori famosi in omaggio a García Lorca e poesie di autori contemporanei, hanno collaborato vari poeti e scrittori, oltre al noto pittore campano Franco Carrarelli che, per l’occasione, ha prodotto alcune chine raffiguranti il poeta andaluso. Compatibilmente alle nuove restrizioni sanitarie che dettano la vita “a distanza” dei nostri giorni spero che prossimamente sia possibile poter organizzare un qualche evento nel corso dei quali sia possibile presentare tanto questa collettanea su Lorca che il volume di poesie tradotte in italiano di Dina Bellrham. L’opera di una poetessa Oltreoceano che, a dispetto della vita talmente breve che non ne ha consentito neppure nel suo ambiente il successo e l’eco che avrebbe dovuto ricevere, ora possiamo conoscere in parte e apprezzare anche nella nostra lingua». 

D: Grazie infinite, Lorenzo.

R: Grazie a te, Cristina, grazie a voi! 

 

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