Se durante il Conte bis il governo si è limitato a ricevere le dosi di vaccino assegnate dall’Europa, Mario Draghi non può più rimanere a guardare. ll premier conosce le sfide da affrontare per la distribuzione efficiente dei vaccini, prerogativa essenziale per uscire dall’emergenza, prima sanitaria e poi economica. Ma riuscirà a trasformare in realtà tutte le idee per mettere finalmente in marcia la macchina italiana dei vaccini?
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Vaccini in Italia: cambio di passo
Dopo una partenza promettente della campagna vaccinale, varie difficoltà sono sopraggiunte nell’approvvigionamento, nella distribuzione e nella somministrazione delle dosi. In primis la riduzione delle dosi in arrivo da Pfizer e AstraZeneca, ma anche le falle della struttura commissariale con a capo Domenico Arcuri, in affanno per l’eccessivo carico di responsabilità, con tutte le difficoltà organizzative che ne conseguono. Ora, il governo Draghi è orientato ad utilizzare le risorse del Paese in modo sapiente per vincere la sfida dei vaccini.
Riorganizzazione e ricognizione del tessuto industriale
Il cambio di passo del governo di Mario Draghi prevede una riorganizzazione generale di tutti i passaggi critici della distribuzione dei vaccini. Non solo Draghi si sta muovendo, insieme ai suoi ministri, per riorganizzare la strategia di conservazione e distribuzione delle dosi. Ma a questo si aggiungerà l’impegno per avviare una produzione nazionale del siero anti-Covid. Se è vero che la capacità produttiva dei vaccini si è concentrata fin dall’inizio in pochissimi poli, ora in Germania Biontech ha aperto un nuovo impianto a Marburgo e la Francia, grazie a Sanofi, ha ottenuto la licenza per produrre la formula Pfizer. E’ ora che il governo italiano si guardi intorno e identifichi le risorse a disposizione per predisporre il tessuto industriale per la produzione vaccinale. Questo anche in prospettiva dell’arrivo del vaccino italiano Reithera, che è entrato da poco nella fase 2 della sperimentazione e la cui autorizzazione è prevista per settembre.
E’ atteso per il 25 febbraio l’incontro al Mise tra Giorgetti e l’associazione di categoria Farmindustria. Lo scopo è verificare la disponibilità degli impianti italiani a produrre componenti per i vaccini. Lo stabilimento senese Gsk, che produce il vaccino contro la meningite, è tra i primi candidati, poiché possiede i bioreattori necessari per la produzione del siero. Ma anche qui il gioco non è facile: Gsk ha i bioreattori, “ma non per il vaccino anti-Covid, bensì per quello contro la meningite che è batterico. Reithera ce l’ha ma non credo per fare milioni di dosi. La seconda fase riguarda l’infialamento e da noi molte aziende sono in grado di farlo”, ha spiegato a Tg24.Sky.it il direttore scientifico di Gsk Rino Rappuoli.
Moltiplicazione dei siti per la somministrazione
Alla sfida della produzione succede quella della distribuzione delle dosi, che procede a rilento. E’ certo che Draghi punterà a moltiplicare i siti per la somministrazione del siero. Come scrive Insideover.com, è probabile che le forze armate vengano coinvolte per ampliare l’Operazione Eos e individuare hub specifici per aumentare, anche lavorando 24 ore al giorno su turni, la portata della campagna vaccinale. Un’altra strada passa per la riconversione alle vaccinazioni dei presidi per tamponi drive-in presenti in diverse città.
Riorganizzazione e completamento della filiera, dalla produzione all’inoculazione: il governo Draghi ha senza dubbio le idee chiare sulla strada da perseguire. E’ un bisogno impellente per il Paese non solo per uscire dall’attuale crisi sanitaria ma anche in ottica preventiva. >> Tutte le news