Buona parte del film «Il Divo» di Paolo Sorrentino, che lo stesso Giulio Andreotti definì «una mascalzonata», è dedicata alle elezioni del Quirinale. O meglio al mancato sogno realizzato del leader della Democrazia Cristiana: l’approdo al Colle. Ci andò il 25 maggio del 1992 al sedicesimo scrutinio Oscar Luigi Scalfaro. A ricordare quanto successo in un’intervista concessa a «Il Mattino» Stefano Andreotti, il secondogenito di Giulio, noto manager, che con la sorella Serena ha curato dei testi segreti del padre, editi da Solferino. Gli ultimi in uscita «I diari degli anni di piombo».
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Elezioni al Quirinale, “una sfida piena di trappole”: cos’è il metodo Andreotti. L’intervista al figlio Stefano
Una delusione per Andreotti non essere diventato presidente della Repubblica? «Vuole la verità? In fondo non è che mio padre ci tenesse più di tanto ad andare al Quirinale. Uno come lui considerava il Parlamento il centro dell’attività politica che amava vivere in maniera decisamente attiva. La figura del presidente della Repubblica gli doveva apparire più rivestita da una funzione istituzionale e quindi tale da sottrarlo alla partecipazione diretta attraverso incarichi che lo portavano ad avere frequentazioni e contatti costanti a livello anche internazionale», la replica di Stefano Andreotti, figlio dell’ex esponente della Dc. «Ecco: preferiva svolgere il ruolo di capo del governo e meglio ancora di ministro per gli Esteri. Esercitato, per altro, con qualità riconosciute da chiunque e in ogni parte del mondo. Del resto, lui aveva cominciato da sottosegretario al fianco di Alcide De Gasperi, misurandosi con questioni e problemi di rilevante importanza. Ha sempre coltivato, fino al 1989, questa passione, consolidando il suo credito. Quante volte grandi esponenti della sinistra europea e sudamericana hanno interrogato i corrispettivi italiani chiedendo: ma perché ce l’avete con Andreotti?», ha precisato il figlio dell’ex presidente del consiglio.
Parla il figlio dell’ex premier: «’Il vero grande segreto è che non esistono grandi segreti’, diceva mio padre”»
Nel corso della deliziosa intervista Stefano Andreotti ha raccontato a Generoso Picone in cosa consisteva il “metodo” del politico più chiacchierato della storia della Repubblica italiana: «Mio padre ripeteva che “non c’è nessun metodo che garantisca la vittoria, ci sono solo errori da non commettere”. Aggiungeva quindi che “il vero grande segreto è che non esistono grandi segreti”. Era la lotta politica, magari dura e crudele, ma che portava pure ad alimentare rapporti di stima personale, se non di amicizia». Qualche riferimento infine al presente, al post Mattarella: «I tempi sono profondamente mutati. Rimane il rischio delle trappole e dei tranelli: l’esperienza suggerisce di aspettare e valutare tutte le circostanze. All’epoca della Dc non si mettevano in campo i grandi nomi che, a parte qualche eccezione, al Colle non ci sono mai andati né forse hanno davvero pensato di puntarci. Alla fine sa come si dice in Vaticano? Al Conclave chi entra da Papa spesso esce cardinale», la chiosa del figlio di Giulio Andreotti. Leggi anche l’articolo —> Chi sono i figli di Andreotti, ecco che padre è stato: dalla “giacca da pervertito” alle “Rossana”