I monoclonali e gli antivirali si possono usare insieme? Il Paxlovid per chi è indicato? A che punto sono le cure per il Covid? Sono soltanto alcune delle domande che Adriana Bazzi ha rivolto al professor Giovanni Di Perri, direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino nel corso di un’intervista uscita su «Il Corriere della Sera». Spiegazioni interessanti soprattutto perché il virus continua a colpire duro. I vaccini, beninteso, restano un valido alleato per combattere il Coronavirus, ma è tempo di una riflessione sulle cure.
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Cosa sappiamo sulle cure antivirali Covid: il punto sulle terapie monoclonali e i nuovi vaccini
L’Agenzia europea del farmaco sta valutando la messa in commercio di un nuovo prodotto firmato Pfizer, il Paxlovid: «Come tutti gli antivirali, anche questo interferisce nella replicazione del virus, quindi va somministrato nelle fasi iniziali dell’infezione. E dovrebbe essere riservato a persone di una certa età con fattori di rischio: per esempio malattie concomitanti di tipo cardiovascolare, diabete o obesità», ha spiegato il professor Giovanni Di Perri. «Attualmente si utilizzano, in clinica, due antivirali: uno già noto, il remdesivir (sviluppato dall’azienda Gilead contro il virus Ebola della febbre emorragica), che però va somministrato endovena in ospedale. L’altro è il molnupiravir (messo a punto da Msd, così si chiama, in Italia, l’azienda nota in Usa come Merck) che, invece, si può assumere per bocca, in terapia domiciliare che dura cinque giorni. Anche il nuovo paxlovid è somministrabile a casa e la cura dura tre giorni», ha chiarito sempre l’esperto al «Corriere della Sera». Si tratta di cure pensate comunque sempre per i pazienti fragili.
Che cos’è Novavax: i pro e i contro
Qualche considerazione anche sugli anticorpi monoclonali e il rischio che possano entrare in conflitto con gli antivirali: «Gli anticorpi monoclonali, che sono stati la prima forma di terapia precoce contro il virus, hanno un differente meccanismo di azione rispetto agli antivirali: impediscono alla proteina spike del virus di entrare nelle cellule umane. Anche questi sono indicati nelle prime fasi di malattia (si somministrano in ospedale) in persone a rischio. Ce ne sono alcuni, ma soltanto uno (il sotrovimab della Gsk) sembra ora funzionare con la variante Omicron. Adesso si pensa anche di utilizzarli in combinazione con gli antivirali», ha chiarito il professor Di Perri.
L’esperto ha poi messo sulla bilancia i pro e i contro del vaccino Novavax: «Esso potrebbe tranquillizzare i no-vax, schierati contro i vaccini a Rna. Ma ha un limite: non può essere facilmente ‘aggiornato’ contro le nuove varianti». Da marzo pare sarà pronto un nuovo siero contro Omicron: «Purtroppo il Sars-CoV-2 non è come il virus del morbillo: non determina un’immunità di lunga durata né come infezione naturale, né come vaccino. Quindi bisognerà pensare a nuove formulazioni di vaccini per arginarlo nelle sue presenti, ed eventualmente future, varianti. In questo i vaccini a Rna sono molto flessibili e permettono aggiornamenti rapidi». Leggi anche l’articolo —> Covid oggi 1.606 in terapia intensiva (+11), 101.762 nuovi casi e 227 decessi